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Nelson Mandela, icona della resistenza pacifica in Sudafrica, muore a 95 anni

 
5 Dicembre 2013   |   , ,
 
Nelson Mandela

 

Mandela ha trascorso 27 anni in prigione dopo essere stato condannato per tradimento da parte del governo a minoranza bianca, al fine di  forgiare una fine pacifica al dominio bianco negoziando con i suoi rapitori dopo la sua liberazione nel 1990. Ha guidato l’African National Congress ad una clamorosa vittoria elettorale nel 1994, anno delle prime elezioni completamente democratiche nella storia del Paese.

Mandela ha avuto un solo mandato da presidente del Sudafrica e non si vedeva in pubblico dal 2010, da quando la Nazione ha ospitato i Mondiali di calcio. Ma i suoi decenni di carcere e il suo atteggiamento a favore del perdono ha fatto di lui  un potente simbolo della lotta per porre fine al sistema codificato di questo Paese di dominazione razziale, mettendo in rilievo il potere della risoluzione pacifica anche nei conflitti più difficili.

Anni dopo si è ritiratodalla vita pubblica, ma il suo nome risuona ancora come emblema del suo sforzo per superare decenni di divisioni razziali per creare quello che i sudafricani chiamano la “Rainbow Nation”.

“Il suo impegno a trasferire il potere e riconciliarsi con coloro che lo hanno imprigionato – ha detto il presidente Obama giovedi sera – è un esempio a cui tutti dovrebbero aspirare” descrivendo Mandela come “autorevole, coraggioso e profondamente buono” l’uomo che ha ispirato milioni di persone, lui compreso, a uno spirito di riconciliazione.

Mandela e Obama sono entrambi i primi leader neri delle loro nazioni e sono gli uomini che hanno vinto il Premio Nobel per la Pace. Ma il presidente americano ha regolarmente evitato il confronto, notando come, spesso, i suoi sacrifici non si sarebbero mai potuti paragonare a quelli di Mandela.

Obama ha detto che al mondo “probabilmente non si vedranno altri del calibro di Nelson Mandela”, e ha osservato che l’ex presidente sudafricano aveva detto una volta che “non era un santo, a meno che non si pensa di un santo, come un peccatore che continua a provarci”.

La morte di Mandela arriva in un periodo di profondo disagio e di auto-esame doloroso per il Sudafrica.

Nell’ultimo anno e mezzo il Paese ha dovuto affrontare forse il suo disagio più grave dalla fine dell’apartheid, provocato da un’ondata di scioperi selvaggi dei minatori arrabbiati, una risposta micidiale da parte della polizia, una lotta per la leadership disordinata all’interno dell’ANC e le fessure di approfondimento tra i governanti del Sudafrica e le sue masse impoverite.

Scandali oltre la corruzione di membri anziani del partito hanno alimentato una percezione più ampia che in prossimità dell’eredità di Mandela c’è stata una corsa per l’auto- arricchimento.

Dopo aver trascorso decenni in esilio molti esponenti politici sono tornati al centro di una presa di potere e denaro. Il presidente Jacob Zuma è stato accusato di corruzione prima di salire alla presidenza nel 2009, anche se le accuse sono state ritirate per motivi di carattere essenzialmente tecnico. 

Mandela è stato presidente negli anni 1994-1999 facendosi da parte per permettere al suo vice, Thabo Mbeki di prendere le redini. L’ex presidente ha trascorso i suoi anni di prepensionamento incentrandosi sulla cause benefiche per i bambini e per  parlare di AIDS che ha ucciso milioni di africani tra cui suo figlio Makgatho, morto nel 2005.

Mandela si è ritirato a vita pubblica nel 2004, all’età di 85 anni, e li ha trascorsi  tra il sobborgo di Johannesburg Houghton e il suo villaggio a Qunu.

Fonte: www.nytimes.com

 

 

 


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