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Cinque anni fa la Laudato Sì
Il 24 Maggio 2015 veniva pubblicata Laudato Sì, l’Enciclica di Papa Francesco sulla cura della “casa comune”, il creato. Un titolo preso dal Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi. Abbiamo chiesto a Fra Matteo Sito, Padre Provinciale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini dell’Umbria, una sua lettura di questo anniversario, alla luce di ciò che sta accadendo con l’epidemia da Covid-19. Pubblichiamo il testo stralciato dell’intervista.
Papa Francesco ha detto che Laudato Sì non è un’enciclica verde, è un’enciclica sociale. Che cos’è la Laudato Sì?
Fra Matteo Siro: « Definire un documento come questo con un paio di parole, è riduttivo e un po’ mortificante. Laudato Sì è in sé una valenza ecologica, ma il Papa la definisce un documento sociale proprio perché il tema dell’ecologia non può prescindere dal tema delle relazioni umane e della ricaduta dell’argomento ecologico sulle relazioni umane, sulla vita concreta delle persone. Lo stiamo vivendo in questi momenti in cui, a causa di un’epidemia, ci troviamo un po’ ristretti nelle nostre relazioni che sono cambiate totalmente, e sentiamo tutti la nostalgia di un ritorno a una socialità, la necessità di incontro bello, così come è la vita normale. Per cui, Laudato Sì è un documento direi dell’umanesimo integrale, perché l’uomo è all’interno di un sistema molto più grande che nella fede sappiamo uscire dalle mani del Creatore, e l’uomo ne è custode».
Quali sono i segni di speranza che tu vedi a cinque anni dalla pubblicazione, e cosa c’è invece da fare per dare piena attuazione a questo documento?
FMS: «Prima di Laudato Sì gli argomenti ecologici e gli argomenti dell’uomo inserito all’interno di una “casa comune”, così come viene chiamata, erano un po’ lontani dalla vita quotidiana, che non toccava la vita concreta delle persone. Uno dei frutti di questo documento è il fatto intanto che la Chiesa intesa come comunità dei credenti, si prende cura di alzare un grido perché la nostra casa comune è in pericolo, e questo riporta in luce dei problemi che non si risolveranno se non a partire dalla nostra quotidianità. Laudato Sì ha reso più accessibili queste tematiche, che anche a livello istituzionale vengono in qualche modo rielaborate, sentite come un’urgenza. Probabilmente dietro c’è un’idea di uomo che deve cambiare. Se non cambia l’idea di uomo, di umanità, probabilmente non riusciremo a fare un passaggio corretto e completo, l’uomo che appunto è custode del Creato, è custode ed è erede, non è padrone; il bene comune non può prescindere da qualcosa che sovrasta l’uomo stesso.
Devo dire che molti sistemi economici e di governo si nascondono davanti a questa urgenza e si nascondono probabilmente perché è comodo tenere l’uomo soggiogato a questo tipo di mentalità senza fargli riscoprire la bellezza delle potenzialità che ha, a servizio del bene comune all’interno di una casa comune. Il Papa nell’enciclica fa riferimento alla tecnocrazia e all’economia, che hanno ancora purtroppo il sopravvento sulla concezione dell’uomo come persona, come relazionalità. Questo sarà un passaggio che richiederà forse molto tempo per essere compiuto. Le premesse ci sono tutte, poi dipende da noi».
Rispetto a questi problemi che tu hai posto, del primato della tecnocrazia, della ricerca del potere anche economico a scapito della vita della gente: la pandemia può aiutarci, paradossalmente, a riscoprire la centralità della persona che è davanti a noi?
FMS: «Guardiamo all’epidemia con uno sguardo di fede, dobbiamo saper trarre qualcosa di buono per noi per le nostre relazioni, per quello che noi siamo, per la vita di noi persone. E a dire il vero credo che la pandemia, che purtroppo ha causato anche tanti morti e tanta sofferenza, abbia risvegliato questa idea, ben delineata da Laudato Sì, che siamo tutti vicini di casa, nonostante il mondo sia enorme, nelle sue proporzioni, siamo legati da un unico destino; questo ci insegna molto a prenderci cura gli uni degli altri perché una cosa che avviene lontano da noi non può essere qualcosa che non ci riguardi personalmente. La Cina così lontana dall’Italia è diventata vicinissima. Così come il Brasile, dove ci sono i nostri missionari, è diventato vicinissimo, perché loro ora stanno vivendo quello che noi vivevamo un mese e mezzo fa. Se continueremo ad affrontare un’emergenza del genere pensando più ai numeri che alle persone e non secondo la visione corretta, cioè che i numeri servono alle persone e non il contrario, avremo perso un’occasione ma sicuramente ne usciremo più coscienti di quello che siamo, della bellezza della persona e il suo valore imprescindibile».
Hai nominato il Brasile, io non posso non fare riferimento alla Missione in Amazzonia, nell’alto Solimoes, dove la tua Provincia è presente da almeno 110 anni. Come stanno vivendo lì questo momento?
FMS: « I confratelli, che sento quasi quotidianamente, mi riportano situazioni molto critiche nella grande città di Manaus, con una serie di problemi sociali che chiaramente in confronto all’Italia sono molto complicati, quindi immagina come può essere l’emergenza. Finora è stata molto ridotta, ma c’è preoccupazione per la popolazione indigena che noi serviamo pastoralmente nelle zone più interne. Poiché gli indigeni non avrebbero risorse immunitarie per potersi difendere da un’epidemia del genere quindi l’ingresso del virus all’interno di un contesto indigeno sarebbe una tragedia e anche gli stessi missionari stanno attenti, purtroppo sono un po’ più lontani a livello pastorale, almeno dalle popolazioni indigene, perché non devono e non possono andare nella foresta per evitare il contagio. Quindi la popolazione indigena è in qualche modo salvaguardata, la tragedia si consuma nelle grandi città dove purtroppo non c’è assistenza sanitaria, o se c’è è molto ridotta; i confratelli li sento bene, motivati, continuano la loro missione pur vivendo in clima di allerta. Sanno di rischiare la vita, ma questo fa parte della missione».
Il Covid-19 e l’insegnamento di Laudato Sì ci portano a non dare mai per scontato il grido dei popoli, anche quelli che sembrano più lontani da noi?
FMS: «Lo sentiamo davvero anche noi, quasi ci siamo uniti a quel grido; si dice che si apprezzano le cose quando non le hai più, e adesso ci troviamo ad apprezzare quelle realtà che prima avevamo a portata di mano, chi non le aveva ci sembrava vivesse in un altro mondo! Viviamo tutti nello stesso mondo, e l’abbondanza di cui fruiamo non ci dà la giustificazione per non aprire le orecchie e gli occhi alle necessità degli altri. Dobbiamo darci da fare perché anche tutti i popoli possano accedere a ciò a cui noi accediamo normalmente».
Alla fine la Laudato Sì in tutti questi anni ci ha insegnato proprio questo, a rimettere al centro la relazione con la persona in tutte le sue necessità?
FMS: «Assolutamente sì, è una grande lezione quella che il Papa ci ha dato con questo documento. Il recuperare la visione dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio: noi forse la diciamo come una filastrocca questa cosa,ma non ci rendiamo conto del peso che ha un’affermazione del genere. E sapendo che Dio, almeno per i cristiani è relazione, vuol dire che l’uomo non può sopravvivere senza una corretta relazione. L’uomo è al centro, è uscito dalla mani di Dio per eccesso di amore, c’è un antropocentrismo che viene anche benedetto, ma certamente ce n’è un altro che invece non è cristiano, è quando l’uomo pretende di dimenticarsi di essere figlio; figlio e anche erede di questa terra».
Papa Francesco chiede una conversione concreta, nel comportamento quotidiano…
FMS: «Quando parliamo di cose spirituali, dei valori, li pensiamo come riguardanti solamente la nostra interiorità. E invece coinvolgono la vita concreta, a cominciare dalla mattina quando mi alzo e comincio a fare le cose di tutti i giorni; il Papa ci chiama a dire, “guardate che spirituale significa concreto”».