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Iraq – Italia: “Adotta un cristiano di Mosul”: raccolti e inviati quasi 700mila euro. La campagna continua
Il risultato è sorprendente se guardiamo alla piccolezza della nostra agenzia, ma è segno della compassione fattiva verso la popolazione irakena offerta da decine di migliaia di persone, che hanno compreso che in Medio oriente si sta giocando il destino dei rapporti fra oriente e occidente.
Papa Francesco non smette mai di appellarsi alla carità del mondo per i cristiani perseguitati in Medio oriente. Anche il Sinodo che in questi giorni si svolge in Vaticano ha invitato “le persone di buona volontà ad offrire la necessaria assistenza e l’aiuto alle vittime innocenti della barbarie in atto”, chiedendo “alla Comunità internazionale di adoperarsi per ristabilire la convivenza pacifica in Iraq”.
Ma proprio i governi della Comunità internazionale sembra abbiano messo all’ultimo posto delle loro preoccupazioni i profughi e il loro ritorno a casa, preferendo una politica di “contenimento” dell’esercito islamico, invece di liberare Mosul. Mons. Amel Nona, l’arcivescovo caldeo fuggito anche lui dopo aver invano tentato di dialogare con le milizie del califfato, afferma sconsolato: “Appare evidente che lo Stato islamico è più forte dei bombardamenti della coalizione”.
Questo rende ancora più urgente l’invio di segni di consolazione e di aiuto ai profughi, prostrati dal vivere ancora oggi “nelle tende, nelle scuole, nelle aule e nelle parrocchie”.
L’avvicinarsi dell’inverno e la possibilità di nevicate amplia l’emergenza: cibo, vestiti pesanti, un tetto dove potere ripararsi. “Stiamo cercando case da affittare – dice mons. Nona – ma è impossibile trovare un alloggio per tutti e le abitazioni non si trovano con facilità, per questo cerchiamo altre soluzioni”.
Alle gravi difficoltà economiche si aggiungono i problemi della mancanza di educazione per i figli. I sacerdoti, racconta il vescovo, “promuovono attività per i bambini e i giovani, li fanno giocare per dimenticare, anche solo per pochi momenti, il dramma della guerra”.
Se i governi della Comunità internazionale rimangono tiepidi, non è così per chi sta partecipando alla campagna: quasi una “nuova” comunità internazionale, impegnata a distruggere la “globalizzazione dell’indifferenza”, con doni giunti da Cina, Taiwan, Svizzera (in particolare dalla diocesi di Lugano), Repubblica Ceca, Polonia, Francia, Brasile….
Alcuni amici ci chiedono se “l’adozione” della campagna significa una cosa permanente. Qualcuno ha già ripreso a donare per il secondo e il terzo mese. Noi crediamo che la campagna debba durare finché dura la gravità dell’emergenza e vi domandiamo di essere generosi, ma senza tristezza, né costrizione, ben sapendo che “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9, 7).
Fonte: AsiaNews.it
Roma (AsiaNews) – Grazie alla generosità di molti lettori e amici di AsiaNews, la campagna “Adotta un cristiano di Mosul” ha raccolto quasi 700mila euro. Essi vanno a sostenere le prime necessità dei profughi cristiani e yazidi in Kurdistan, fuggiti davanti alle violenze e crudeltà del califfato islamico. Il 10 ottobre scorso, abbiamo inviato ai vescovi – anch’essi rifugiati con i loro fedeli – una seconda tranche di aiuti raccolti nel mese di settembre, pari a 393.297,76. Insieme ai fondi raccolti e inviati nel mese di agosto – 279.219,96 euro – abbiamo inviato in tutto 672.517,72 euro.
Il risultato è sorprendente se guardiamo alla piccolezza della nostra agenzia, ma è segno della compassione fattiva verso la popolazione irakena offerta da decine di migliaia di persone, che hanno compreso che in Medio oriente si sta giocando il destino dei rapporti fra oriente e occidente.
Papa Francesco non smette mai di appellarsi alla carità del mondo per i cristiani perseguitati in Medio oriente. Anche il Sinodo che in questi giorni si svolge in Vaticano ha invitato “le persone di buona volontà ad offrire la necessaria assistenza e l’aiuto alle vittime innocenti della barbarie in atto”, chiedendo “alla Comunità internazionale di adoperarsi per ristabilire la convivenza pacifica in Iraq”.
Ma proprio i governi della Comunità internazionale sembra abbiano messo all’ultimo posto delle loro preoccupazioni i profughi e il loro ritorno a casa, preferendo una politica di “contenimento” dell’esercito islamico, invece di liberare Mosul. Mons. Amel Nona, l’arcivescovo caldeo fuggito anche lui dopo aver invano tentato di dialogare con le milizie del califfato, afferma sconsolato: “Appare evidente che lo Stato islamico è più forte dei bombardamenti della coalizione”.
Questo rende ancora più urgente l’invio di segni di consolazione e di aiuto ai profughi, prostrati dal vivere ancora oggi “nelle tende, nelle scuole, nelle aule e nelle parrocchie”.
L’avvicinarsi dell’inverno e la possibilità di nevicate amplia l’emergenza: cibo, vestiti pesanti, un tetto dove potere ripararsi. “Stiamo cercando case da affittare – dice mons. Nona – ma è impossibile trovare un alloggio per tutti e le abitazioni non si trovano con facilità, per questo cerchiamo altre soluzioni”.
Alle gravi difficoltà economiche si aggiungono i problemi della mancanza di educazione per i figli. I sacerdoti, racconta il vescovo, “promuovono attività per i bambini e i giovani, li fanno giocare per dimenticare, anche solo per pochi momenti, il dramma della guerra”.
Se i governi della Comunità internazionale rimangono tiepidi, non è così per chi sta partecipando alla campagna: quasi una “nuova” comunità internazionale, impegnata a distruggere la “globalizzazione dell’indifferenza”, con doni giunti da Cina, Taiwan, Svizzera (in particolare dalla diocesi di Lugano), Repubblica ceca, Polonia, Francia, Brasile….
Alcuni amici ci chiedono se “l’adozione” della campagna significa una cosa permanente. Qualcuno ha già ripreso a donare per il secondo e il terzo mese. Noi crediamo che la campagna debba durare finché dura la gravità dell’emergenza e vi domandiamo di essere generosi, ma senza tristezza, né costrizione, ben sapendo che “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9, 7).