Workshop
In India alla ricerca della fraternità
Un esempio concreto è stata la messa celebrata dal vescovo ausiliario di Mombay, John Rodriguez. Durante la celebrazione, hanno assistito anche 2 monaci buddisti ed alcuni induisti. Questa multiculturalità sarà il leit-motiv di questi giorni. Rappresentanti dello Shanti Ashram (movimento induista) e del Rissho Kosei-Kai (movimento buddista), si uniscono insieme ai giovani cattolici per vivere momenti di fraternità anche a servizio dei giovani indiani e della comunità.
Lawrence, rappresentante di Religions for Peace, ci dice che è qui perché «c’è bisogno di mostrare al mondo cose positive, cose belle. Dobbiamo mostrare al mondo che la fraternità può cambiare la storia». Crisfan, giovane indiano, racconta che ha conosciuto i Giovani per un mondo unito qualche anno fa e «da allora, sento il desiderio di continuare a costruire ponti di fraternità. In India, la religione non è mai un ostacolo. Ognuno segue un percorso ma tutti siamo fratelli». Sposato da qualche mese, ha coinvolto anche la moglie in questa avventura.
Maria Chiara, italiana, seduta in un salottino in un momento di relax, ci racconta che da tempo desidera vivere un’esperienza di questo tipo. «Quando Christian mi ha invitata, ho sentito che non potevo farmi sfuggire questa occasione. Sono qui per conoscere altri giovani e per imparare a vivere la cultura dell’altro come la mia». Christian è rumeno e studia all’Istituto Universitario Sophia. Dopo essere stato in Terra Santa nel 2013 e in Kenia nel 2014, quest’anno ha deciso di chiudere i libri «per conoscere come viene vissuta la fraternità in una cultura diversa mia».
Sono giorni intensi, nei quali si condividono anche tragedie come quella del vicino Nepal, dove il terremoto ha provocato migliaia di vittime. Qui a Mumbai sono presenti anche Sana e Roshan che da molte ore non riescono a mettersi in contatto con le proprie famiglie. Eppure sembrano sereni: «siamo certi che Dio penserà a loro», ci dicono. E, intanto, tutti stanno già pregando. A fine giornata, ecco la bella notizia: le loro famiglie stanno bene. Sfollate, ma l’amore di Dio non si è fatto attendere.
Sono tante le storie che potremmo raccontare. Come ad esempio quella di Luca che, invece di riposarsi dopo la pausa pranzo, decide di aiutare a mangiare un ragazzo musulmano nato senza braccia. La fraternità vissuta concretamente è già l’esperienza di questi primi giorni di cantiere.