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Il lavoro, il denaro, l’etica… e un film: le “Cento domeniche” di Antonio Albanese
Un film, che parla della responsabilità del potere nei confronti del cittadino, il nuovo, toccante e doloroso film di Antonio Albanese, Cento Domeniche, nelle sale italiane dal prossimo 23 novembre. Racconta la storia di un uomo semplice e onesto, che si fida della sua banca e che per questo perde tutto. Attraverso la sua vicenda il film ribadisce la necessità di un’etica, dei più nobili valori come il rispetto e la cura nella gestione del denaro e di tutto ciò che è il lavoro di ogni membro di una comunità.
Cento domeniche sono quelle che un uomo giusto, semplice, ha impiegato per lavorare, per costruire una casa, rinunciando al riposo e all’armonia della festa. Nella speranza di offrire sicurezza ai propri cari. Ora quest’uomo sta disteso sopra un letto d’ospedale, dopo un malore che l’ha colpito. Non perché ha lavorato troppo, ma perché la banca del suo territorio, quella nella quale altri umili lavoratori come lui avevano riposto le loro provviste da formiche, i sudati risparmi di una vita, ha deciso di tradirli: di rompere un patto comunitario consolidato. Di spintonare via, con la violenza dell’egoismo criminale, la fiducia tra potere e cittadino.
Quest’uomo riceve la visita del protagonista del film: Antonio, interpretato da Antonio Albanese, anche regista di quest’opera asciutta, essenziale e dolorosa, più europea e a suo modo universale che italiana. Antonio conosce da sempre quel luogo, è la sua terra, e quel paziente disperato va a trovarlo per capire meglio quanto c’è di vero in quello che si dice nel borgo, ovvero che la banca in cui anche lui ha riposto i suoi decenni di sudore, il frutto del suo lavoro da operaio tornitore, sta per fallire.
Antonio ama tenere in ordine le cose: un tavolo, un orto, le giornate di sua madre anziana. Se ne occupa con puntualità e bonarietà, come del resto ha svolto sempre il suo lavoro manuale: con gesti precisi, giusti, efficaci. Per questo nel gioco delle bocce praticato con gli amici, Antonio sa calibrare bene i tiri ed ottenere punti. Non vuole salire di livello: cambierebbero le emozioni. Vuole stare nei suoi spazi, li ha saputi interpretare al meglio come quelli che gli sono stati donati.
Conduce una vita semplice, ma l’accetta senza lamentele, sostenuto da un sogno per alcuni piccolo, per lui grande: fare in modo, quando la sua unica figlia deciderà di sposarsi, di organizzare per lei un matrimonio ben fatto. Che sia una festa bella, vera, come padre e figlia se la sono sempre immaginata, da quando lei era bambina.
Quando il tempo delle nozze arriva, questo padre va in banca per un prestito, e scopre che l’istituto di credito di cui si fidava, l’ha tradito. Quella roccia che in passato aveva contribuito ad accompagnare la crescita dell’intero territorio, ha rinunciato alla fertile alleanza tra grande e piccolo e ha convertito i risparmi di Antonio, e di altri uomini per bene, in azioni, facendogli firmare fogli che loro pensavano fossero altro. Li hanno siglati senza competenze a riguardo, sono stati truffati, di fatto lasciando che i loro conti venissero svuotati.
Antonio trema, barcolla, non dorme più, finisce dallo psicologo e addirittura si sente colpevole per quanto accaduto. Perde il suo passo e cade in una buca dalla quale non riesce più a uscire. Non c’è una comunità abbastanza forte da tirarlo su, non abbastanza da reagire ad attacchi così subdoli e feroci. Ci sono persone come Antonio: oneste, pulite, anche unite, ma troppo fragili per ribaltare i fatti. Ce ne sono altre che hanno un canale di dialogo privilegiato con il potere: a loro è stato detto di portare via i soldi prima del crack. Ai piccoli no.
Cento domeniche parte dalla lirica degli umili, dalla commedia di uomini comuni tutto sommato armoniosi in uno spazio vivibile, conosciuto, per certi versi secolare. Un piccolo mondo di relazioni sane, di gioco e leggerezza, ora messo in crisi da un altro che morde, che divora nascondendosi. Infatti il film accelera fino ad impennare verso la tragedia quando parla della responsabilità enorme degli organi che tengono in vita una comunità e dei danni che provoca la loro distorsione.
Una comunità è un grande corpo, fatto di tantissime vite, ognuna importante. Per questo il film stringe sul primo piano di una, quella di Antonio, vittima di un tempo affilato, con trappole ovunque per uomini come lui, inclini alla fiducia, alla stretta di mano, alla parola data. Ce ne fa sentire la pena e la rabbia, ricordandoci quanto sia importante una relazione di fiducia tra sistema e singoli, tra palazzo e cittadini, tra chi è forte e chi è debole per costruire il futuro.
Cento domeniche, presentato alla Festa del cinema di Roma (sezione Gran Public) e in sala dal prossimo 23 novembre, mostra le conseguenze dell’avvelenamento del pozzo su una persona simbolo di tante, di quel che accade quando si hackerano gli strumenti sofisticati del nostro tempo fragile ed esposto alla violenza. Ribadisce come il potere non può essere che vissuto come servizio sulla strada che aspira al bene collettivo. Che non è solo a vantaggio degli umili, ma di tutti. Della comunità intera.