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L’arte di amare e il mondo unito
In occasione del 10° anniversario della morte di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, pubblichiamo qui di seguito il testo di un suo intervento, “L’arte di amare e il mondo unito“, letto, nel gennaio del 2003, da una delle sue prime compagne, Natalia Dallapiccola, a Coimbatore, in India, durante un incontro con i giovani, le autorità civili e religiose presso l’Università Avinashilingan. Nelle sue parole, Chiara Lubich propone a tutti un metodo – l’arte di amare – per raggiungere il mondo unito, la pace e la fratellanza universale.
«Signori e Signore, Sono molto contenta di essere di nuovo qui, a Coimbatore, in questa città amata che ha voluto gratificarmi, due anni or sono, del titolo di “Difensore della pace”.
In quella felice occasione avevo preso l’impegno, per onorare questo riconoscimento, di ravvivare fra quante persone e gruppi avrei incontrato, in quante città e nazioni avrei visitato, la comunione fraterna, la solidarietà, l’unità, specifico carisma del mio Movimento, che è garanzia di pace. Ed è quanto vorrei fare anche oggi, qui con voi, rivolgendomi in modo particolare ai giovani che sono numerosi.
I giovani (lo so per esperienza, dato che appartengo ad un Movimento costituito anche da centinaia di migliaia e, forse, da milioni di giovani di tutto il mondo) hanno qualcosa di particolare. Hanno in genere nei loro cuori e nelle loro menti delle antenne che sanno cogliere onde diverse, nuove e sublimi, che altri non sanno percepire. La loro età li fa liberi di nutrire pensieri e aspirazioni nobili come quelli della pace, della giustizia, della libertà, dell’unità; permette loro di sognare realizzazioni che ad altri parrebbero utopiche, come il vedere un giorno fiorire sul nostro pianeta, nonostante le differenze di razze, di lingue, di popoli, di religioni, la fraternità fra tutti. Di prevedere, pronti a dare una mano alla sua realizzazione, un mondo nuovo, più buono, più felice, più unito, un mondo soprattutto di pace più degno del terzo millennio da poco iniziato. E sono certa che anche nel cuore di voi, giovani qui presenti, albergano, se non sempre, almeno qualche volta, aspirazioni di questo genere. Ma, è ancora di attualità la pace? Possiamo parlare oggi di fratellanza universale e di mondo unito?
Certamente sì, e forse lo dobbiamo fare più che mai. E non solo per le decine di guerre in corso qua e là sul nostro pianeta, ma anche perché oggi la fraternità e la pace sono minacciate in modo diverso, più subdolo. Vedete: anche se è passato più di un anno ormai, è certamente ancor vivo nei vostri giovani cuori quel tristissimo 11 settembre 2001 col crollo delle due torri gemelle a New York. Da quel giorno, e poi con il dilagare del terrorismo diffuso, siamo entrati veramente in un tempo particolare, quello che si potrebbe definire: “Dopo l’11 settembre”. Ebbene, di fronte a questa situazione e a tutte le altre forme di violenza, si fa sempre più strada il pensiero di spiriti eletti e illuminati che tutto ciò non sia frutto solamente dell’odio fra singoli o popoli, ma sia anche effetto dell’oscura forza del Male con la M maiuscola, delle Tenebre, come ebbe a dire anche Giovanni Paolo II, il Papa.
La situazione, dunque, è seria. Perché, se le cose sono così, non è sufficiente opporsi a tanto pericolo con sole forze umane. Occorre impegnare le forze del Bene con la B maiuscola. E voi tutti conoscete cos’è questo Bene: è anzitutto Dio e con Lui tutto ciò che ha radice in Lui: il mondo dello spirito, dei grandi valori, dell’amore vero, della preghiera. Quel Dio, di cui il Mahatma Gandhi ha scritto mirabilmente:
“Con la mano sul petto posso dichiarare che neanche per un solo momento della mia vita ho dimenticato Dio. Per oltre vent’anni ho fatto tutto quello che ho fatto come se fossi alla presenza di Dio“.
È nella fede in Dio e anzitutto nella forza della preghiera che dobbiamo fare calcolo. Di qui il perché dell’incontro di Assisi, quando il Papa ha invitato i rappresentanti delle più grandi religioni del mondo nella città di san Francesco per invocare dal Cielo la pace. Ma, se la preghiera è importantissima, sembra non basti e lo si capisce se si conoscono bene le cause più profonde dell’attuale drammatica situazione.
Anche a voi è noto come nel mondo non regni la giustizia, come vi siano ricchi e poveri, affamati, mentre il piano di Dio sull’umanità sarebbe quello d’essere tutti fratelli, in una sola grande famiglia con un solo Padre. Ebbene, è proprio questo squilibrio uno dei fattori, forse più determinante, che genera risentimento, ostilità, vendetta, terrorismo.
E allora come creare maggiore uguaglianza, come suscitare una certa comunione di beni? E’ ovvio che i beni non si muovono se non si muovono i cuori. Occorre, quindi, diffondere l’amore, quell’amore reciproco che genera la fratellanza. Occorre invadere il mondo con l’amore! Cominciando da noi stessi.
Ma, qualcuno dei presenti mi potrebbe chiedere: “E’ compatibile l’amore, l’amarsi con lo stile di vita che la nostra cultura e la nostra religione ci hanno tramandato?”
Sì, è possibile: andate a cercare nei vostri Libri sacri e troverete – è quasi dovunque – la cosiddetta “Regola d’oro”. Il cristianesimo la conosce così: “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” (cf Lc. 6,31). E così dice il Mahabharata: “Non fare agli altri ciò che sarebbe causa di dolore se fosse fatto a te” o come ha detto mirabilmente il Mahatma Gandhi: “Io e te siamo una sola cosa. Non posso ferirti senza fare del male a me stesso”. Tutte frasi che chiedono il rispetto degli altri. E per avere il rispetto occorre amarli.
Amare dunque: è uno dei grandi segreti del momento. L’amore però che dobbiamo mettere in pratica è un amore speciale, ha delle qualità.
Chiede, ad esempio, di amare tutti senza fare distinzioni tra l’antipatico o il simpatico, il bello o il brutto, il grande o il piccolo, quello della mia patria o lo straniero, il bianco o il nero, il giallo, l’americano, l’africano o il giapponese, il cristiano, il musulmano o il buddista. Tutti vanno amati nello stesso modo.
Dice ancora il Mahatma Gandhi: “La regola d’oro è di essere amici del mondo e considerare ‘una’ tutta la famiglia umana. Chi distingue tra fedeli della propria religione e quelli di un’altra, diseduca i membri della propria e apre la via al rifiuto e all’irreligione”.
Questo amore vuole poi che si ami per primi, senza aspettare che l’altro ci faccia una gentilezza o un sorriso. Non bisogna attendere di essere amati, ma fare noi il primo passo.
E ancora occorre amare l’altro come se stessi, condividere i suoi dolori, i suoi successi, le sue gioie… Pensate: se anche tra i popoli si mettesse in pratica questa semplice regola, gli uomini amerebbero la patria degli altri come la propria e non ci sarebbero più guerre. E’ un amore questo che ama concretamente, non solo a parole ma con i fatti. Se a scuola c’è un compagno di classe che ha difficoltà nello studio, questo vorrebbe dire aiutarlo, studiare magari con lui. Se uno ha fame, dargli da mangiare, se è malato, andare a visitarlo… È un amore forte che è pronto ad amare anche il nemico, a pregare per lui, a vincere le offese con il perdono.
Come dice un vostro proverbio: “La scure taglia il legno di sandalo, mentre questo le fa dono della sua virtù, rendendola profumata”. Una delle espressioni, infatti, di quest’amore è saper perdonare. La misericordia deve diventare abitudine nostra quotidiana, e la riconciliazione fra tutti prassi costante della nostra vita.
Quando poi questo amore è vissuto insieme da due o più persone, da due o più giovani, c’è l’amore vicendevole. Ed è questo il segreto, la via sicura per costruire la pace e l’unità, per realizzare la fraternità sulla terra.
Questo amore che dà tanta gioia a chi lo mette in pratica, chiede anche impegno, fatica, coraggio, allenamento. Non si può costruire la pace senza sacrificio.
Coraggio allora, carissimi giovani! Molto dipende da voi. Imparate quest’arte di amare, perché essa è una vera arte, una divina arte, e vedrete cose mai viste. Prendiamo esempio dai primi cristiani. Essi sapevano soprattutto amare. Ebbene, dopo poco tempo, avevano conquistato tutto il mondo occidentale allora conosciuto. Per cui Tertulliano, uno di loro, un grande del tempo, diceva: “Siamo nati ieri ed abbiamo invaso il mondo”.
Che nessuno vi superi allora in generosità e determinazione. L’augurio più bello che vi faccio è quello di trovare la felicità incominciando subito a vivere questo amore, nelle famiglie, nelle scuole, nei quartieri delle vostre città e di esserne portatori a tutti. Che tanti altri giovani e anche adulti, toccati dal vostro amore, possano dire: “Anch’io voglio vivere come voi”.
Se così farete, se così faremo tutti, la fratellanza universale s’allargherà, la solidarietà fiorirà, i beni saranno meglio distribuiti, e potrà risplendere sul mondo l’arcobaleno della pace: su quel mondo che, fra pochi anni, sarà nelle vostre mani».