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Alla frontiera della speranza
Di Maddalena Maltese.
McAllen e Brownsville, città di confine dove «Bienvenidos» è la risposta alle detenzioni e alla separazione forzata dei migranti.
Carmen e Juan non sanno di essere tra le ultime famiglie ad attraversare il confine con il Texas. Lui tiene in braccio un bambino di circa 6 anni. Lei invece stringe tra le mani i fogli che li autorizzano all’ingresso negli Usa.
Il loro caso si aggiungerà ai 900 mila in attesa nei tribunali statunitensi, dove una richiesta d’asilo impiega circa due anni prima di arrivare sul tavolo di un giudice che deciderà per la permanenza o il rimpatrio.
Carmen e Juan sono honduregni. Parlano spagnolo. Camminano da 31 giorni. Le loro scarpe non hanno lacci. La polizia glieli ha sequestrati appena messo piede nel centro di smistamento.
È un’operazione di routine nelle carceri per impedire il suicidio di un detenuto, lo è diventata anche nel campo di McAllen, anche se Juan e Carmen non hanno commesso reati e si sono presentati a una delle porte d’ingresso negli Usa, legalmente e con una richiesta ufficiale di asilo.
Tutto questo non fa differenza da quando l’infuocata retorica presidenziale li ha comunque bollati come criminali e ha imposto alle guardie alla frontiera di trattarli come tali.
Dopo le procedure di rito, gli agenti di frontiera li hanno rimessi in libertà, depositandoli davanti alla sede di Catholic Charities, un ex night club di fronte alla stazione degli autobus che l’audacia o forse l’incoscienza di suor Norma Pimentel ha trasformato in casa per i migranti; uno spazio accogliente con cucina, sala da pranzo, dormitorio, sala ricreativa per i bambini, centro di primo soccorso.
Qui dopo settimane di cammino da El Salvador, Honduras e Guatemala, i Paesi del “triangolo della morte”, o mesi di permanenza in Messico, trovano, per la prima volta, un cartello con scritto «Bienvenidos» e decine di volontari che li accolgono offrendo un elastico per capelli alle donne, una stella adesiva ai bambini e una busta con l’occorrente per una doccia e un cambio: tutti arrivano senza nulla, solo con i propri vestiti e quelle carte preziose.
Nei volti delle altre famiglie, degli uomini soli o con bambini, delle donne e dei tanti piccoli, alcuni di appena 5 anni, si legge diffidenza mescolata a sollievo, mentre osservano le pareti colorate dai disegni di chi li ha preceduti, per una notte o un giorno, prima di riprendere il viaggio e ricongiungersi a un parente in un altro Stato.
Il sorriso timido si fa largo quando Jorge, 22 anni, texano e messicano insieme, che per questa mattina coordina gli arrivi, comincia a spiegare dove sono e li invita a sedersi in attesa della registrazione, mentre vengono distribuite bottiglie d’acqua e i bambini sono portati in sala mensa per ricevere i sandwich della colazione.
Sono le 11.30 ed è il primo pasto da ieri pomeriggio. Peter viene da Houston, Patti dal Colorado, Brittany dalla Pennsylvania e si commuovono seguendo questa processione lenta, sfinita.
«Ci sono stati giorni – spiega Peter – in cui ne sono arrivati anche 800, ma la decisione della corte d’appello federale con cui si è stabilito che i richiedenti asilo che giungono in Texas o New Messico senza aver prima fatto richiesta in Messico saranno esclusi dalla protezione umanitaria ha abbassato drasticamente i numeri, almeno sul versante statunitense».
Infatti sul lato messicano, soprattutto al confine con Brownsville, si parla di oltre mille migranti assiepati in un campo senza servizi.
Brittany, assieme a Sergio e altri 10 volontari, attraversa quel confine, anche tre volte al giorno, con carretti di hamburger, panini, coperte, giocattoli, tende pagando 4 dollari ogni volta.
Dall’altra parte, li aspetta Gladys, “l’angelo dei migranti”. È lei a coordinare la distribuzione del cibo, a procurare alloggi e piccoli lavoretti nell’attesa di essere chiamati alle porte d’accesso ufficiali e questo potrebbe richiedere mesi.
La nuova politica – “Rimani in Messico” –, infatti, ha generato una lista infinita, spesso gestita dagli stessi migranti e qualche volta dalle autorità locali. Ogni giorno i funzionari alla frontiera decidono i numeri da ammettere e qualche mattino quelle porte restano chiuse.
I rimpatri, in appena due mesi dall’entrata in vigore sono già arrivati ad oltre 20 mila, spesso perché i migranti non capiscono la lingua e non hanno alcuna assistenza legale.
Mentre uno alla volta, i nuovi arrivati a McAllen, si alzano per la registrazione, sorprendo Carmen e Juan non seduti come tutti, ma inginocchiati e abbracciati, con il volto appoggiato alla sedia blu: piangono e pregano su quell’altare improvvisato; certi che Dio ascolta il grazie dei poveri, anche se si leva dalla scrostata sedia blu di un ex night club.
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