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“Fragile come tutti, felice come pochi”
“Fragile come tutti, felice come pochi” è il titolo del libro che sr Antonella Piccirilli ha scritto per aiutarci a scoprire una Teresa di Lisieux inedita.
È un felice viaggio tra le nostre ferite, i nostri vuoti interiori, le nostre psicosi, che incontrano quelle di Teresina.
Può dunque l’imperfezione della nostra fragilità essere l’ultima parola sulle nostre vite? La risposta che Teresina intuisce è da lei definita come piccola via, che lei stessa ha percorso, ma non da sola. È una via a noi tutti accessibile, ci mostra un varco verso una felicità piena e possibile.
Proponiamo una mini-stagione fatta di 6 clip, in ascolto di questa donna e santa straordinaria, che anche se non si è mai mossa dal suo convento di Lisieux ed è morta giovanissima, di tubercolosi, a 24 anni, nel 1897, può sicuramente parlare alla nostra condizione umana ancora oggi.
Santa Teresa di Lisieux, così vicina all’uomo contemporaneo e in particolare alle sue fragilità e alle sue ferite.
Santa Teresa è una santa vissuta nel 1800, sembra abbastanza lontana. In realtà poi quando vai a conoscerla un po’, a leggere quello che lei scrive, e metti da parte il linguaggio poetico, l’800, la storia, si scopre quanta semplicità e quanta fragilità. Teresa è una ragazza che muore a 24 anni, una persona semplice, fragile, con tante difficoltà. Nella sua esperienza personale ci sono tante ferite, un lutto molto importante quello di sua madre, tanti distacchi… e poi malattie, e poi problemi anche psicologici. Tutto questo suo essere così umana, semplice e fragile, insieme ad una santità sicura, vera, ce la mette molto, molto vicina: noi tante volte non riusciamo a trovare spiragli per uscire dalle nostre tenebre, non sappiamo come aprire un varco alla luce, quando siamo avvitati su noi stessi, quando i problemi ci sovrastano e ci sembra tutto così difficile. In realtà lei è una testimonianza viva del fatto che possiamo risorgere dalle nostre ferite e che Dio agisce non al di fuori, non al di là di noi, ma dentro le nostre ferite. Ma bisogna saperlo accettare, bisogna saper entrare in questa vulnerabilità, in questa fragilità.
Forse è stata un po’ “raccontata male”, interpretata spesso attraverso una lettura sentimentale e moralista.
Quando per esempio si considerano i suoi scritti e tutto quello che si è creato attorno alla sua figura, alla sua santità, abbiamo delle difficoltà. Anche io da giovanissima ho avuto difficoltà a leggere i suoi scritti e poi a vedere come veniva trattata e come spesso, purtroppo, viene trattata anche oggi: spesso viene esagerata oppure anche diminuita, ma non si vede lo spessore di questa sua umanità, lo spessore e la grandezza di quello che è il suo messaggio dentro questa fragilità. Non è la santa dalle cose facili, non è una santa rose e fiori. Anche se lei dice: «Farò del bene sulla terra, nel mio cielo, voglio spargere fiori », non si comprende bene cosa significa questo “spargere fiori”. Spargere fiori per lei è dare tutto e non conservare nulla per sé. E quindi questa sua figura va riportata alla sua verità, per non essere sminuita o addirittura in qualche caso esagerata nell’approccio.
Teresina: i disturbi psichici e alimentari, il difficile rapporto con il suo corpo.
Mi è capitato proprio ultimamente di incontrare un gruppo di giovani di cui alcuni con delle problematiche, alcune di tipo psicologico, situazioni di abusi. Ebbene questi ragazzi hanno voluto un approfondimento sulla figura di Santa Teresa di Lisieux. Teresa arriva a tutti, arriva in particolare alle donne, perché la sua esperienza è passata per tante difficoltà: dal punto di vista psicologico, per esempio ha avuto momenti di nevrosi, c’è stato un momento in cui è stata malata, aveva una paura che stesse diventando folle, che ci fosse una tara psicologica, psichiatrica.
E poi invece tutto si è risolto in un’esperienza di grande fiducia, di grande affidamento a Dio. Però questa fragilità psico-fisica l’ha accompagnata per tutta la sua vita. Teresa non è una persona perfettamente integrata, una persona perfetta, matura, senza difficoltà, no. Per esempio, io ho notato che lei ha delle fobie, fino alla fine della vita ha la fobia del buio, dei ragni, che è segno di un’esperienza psicologica non abbastanza approfondita, oppure non ha una accettazione completa del proprio corpo. Lei arriva a dire verso la fine della vita, quando era devastata dalla tubercolosi: «Fin da bambina il mio corpo mi ha dato fastidio, me ne vergognavo».
Ha un’esperienza difficile con il proprio corpo e anche nel rapporto con il cibo. Dice: «Non capisco perché quando si vuole parlare con degli amici bisogna invitarli a pranzo. (…) perché sedersi a mangiare? Se Gesù, Maria e Giuseppe non avessero mangiato, io non l’avrei fatto, lo faccio per amore loro ». Come vedi la difficoltà di Teresa è reale e la accompagnerà per tutta la vita. Però in questo c’è un segreto: non è una ragazza che si affossa dentro le ferite, non è una persona che si piange addosso, non è una persona che si avvita su se stessa, è una persona che trova una pista di soluzione fantastica, bellissima che noi purtroppo nel nostro vissuto un po’ dimentichiamo, un po’ lasciamo cadere, un po’ lasciamo perdere e un po’ ce ne vergogniamo. In Teresa emerge un’identità interiore: la bellezza di non essere soli, di essere accompagnati nella vita da una Presenza che abita dentro di noi.
Fiducia. Teresa ha una capacità di grande resilienza e di grandi intuizioni.
C’è una risposta che Teresa dà non solo a quei giovani che ho incontrato, ma a tutti i giovani, a tutte le persone che la accostano: c’è dentro di lei una grande resilienza, una grande capacità di affidarsi, di trovare un centro interiore.
Teresa intuisce questa presenza interiore, la chiama Dio, la chiama Gesù in particolare. Gesù è presentissimo nella sua vita, lei si confida e si affida a Gesù in maniera molto forte, talmente forte, che riesce a vivere con felicità tutte le sue fragilità, perciò felice come pochi, anche se fragile come tutti.
Un binomio perfetto per la sua esperienza interiore che trasmette anche a noi.
Com’era dunque la giovane Teresa?
Teresa fino ai suoi 14-15 anni è una ragazza che sta bene a casa e vive dentro il “guscio“ della sua famiglia. Anche se nella sua famiglia da quando lei ha 4 anni non c’è più una madre, che muore.
Teresa è una grande sognatrice, sogna la gloria, sogna la felicità, essendo una cristiana, sogna di diventare una grande santa, però deve fare i conti con il fatto che a 11 anni non sa ancora pettinare i suoi capelli lunghi biondi, che non si sistema la sua stanza e tante altre piccole cose. Mi fa pensare a tanti cari adolescenti che stanno in pantofole davanti alla TV o davanti al loro PC. Come è riuscita Teresa a uscire da questo avvitamento su se stessa?
Ha cercato un senso, ha cercato un obiettivo? Teresa è riuscita a decentrare la sua presenza, a togliere dal suo orizzonte soltanto se stessa. Ha lasciato la porta aperta all’altro.
È l’alterità che ha salvato Teresa.
L’alterità delle persone che aveva intorno, ma anche l’Altro è quell’Altro che mi abita dentro, quell’Altro che è Gesù per Teresa. Questo incontro, perché lei proprio parla di un incontro, la notte di Natale, questo incontro le darà la possibilità di uscire dal suo guscio, di tener fuori dalla sua esperienza tutte le fragilità che la stavano affossando. Questo decentramento l’ha aiutata a non vivacchiare la sua vita, ma a viverla in pienezza.
Una felice imperfezione. La famosa piccola via.
A mio avviso il dramma dell’uomo e della donna di oggi inizia quando vogliamo essere perfetti. Teresa di Lisieux ci dà una pista per camminare dentro una felice imperfezione: nel suo caso, fino alla fine della vita non è una donna perfetta, non è mai arrivata alla perfezione della sua identità umana e femminile. Ma è una grande santa perché? Perché si è affidata. Allora quando lei parla della piccola via, ci mostra una via piccola, breve, molto semplice. Era una via di fiducia e di amore. Come quando un bambino, Teresa l’ha fatta questa esperienza con suo padre, come quando un bambino si mette mano nella mano con il padre e cammina guardando le stelle. Si fida del padre, perché se dovesse fidarsi soltanto di se stesso guarderebbe per terra, oppure guardando le stelle, cadrebbe.
E quindi riuscire a camminare nella notte, guardando le stelle, mano nella mano con un Padre, ti dà la possibilità di superare tutte le tue imperfezioni, gli inciampi del cammino e di andare dritto a vedere le cose più belle, le cose più profonde, le più impegnative. E quello che con un’immagine possiamo dire della piccola via di Teresa.
Teresa vive le sue difficoltà senza preoccuparsi di risolverle.
Papa Francesco le ha dedicato un’esortazione apostolica nell’ottobre del 2023.
Lui parla dell’abbandono quotidiano nei paragrafi 23 e 24: “La fiducia che Teresina promuove non va intesa soltanto in riferimento alla propria santificazione e salvezza. Ha un senso integrale, che abbraccia l’insieme dell’esistenza concreta e si applica a tutta la nostra vita, dove molte volte ci sopraffanno le paure, il desiderio di sicurezze umane, il bisogno di avere tutto sotto controllo”.
La fiducia non è soltanto una piccola esperienza di miglioramento su se stessi, ma è un’esperienza globale, un’esperienza totalizzante che fa sciogliere anche la paura nel quotidiano: quel non fidarci degli altri, quel calcolare, quel tentare di comprendere, di capire dove va a finire la nostra vita, come va a finire quella amicizia, come farò a risolvere quella delusione. L’abbandono, la fiducia presenti nella piccola via che Teresa di Lisieux ci insegna, ci aiutano proprio a sciogliere le preoccupazioni per il futuro. Quei timori, come dice il Papa Francesco, che tolgono la pace, perché alle volte la paura del futuro ci toglie proprio la pace del presente.