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Fragilità e grandezza: Santa Teresa di Lisieux
Un’intensa e illuminante conversazione con Mons. Francesco Follo e Padre Francois Marie Lethel sull’importanza e la modernità della santa francese, celebrata dall’Unesco per il biennio 2022-23.
Sono passati cento anni dalla beatificazione di Teresa di Lisieux, per mano di Papa Pio XI. Era il 29 aprile 1923 e due anni dopo questa ragazza, monaca carmelitana, morta di tubercolosi a soli 24 anni, fu canonizzata. Fu sottovalutata a tal punto che le fu chiesto di scrivere qualcosa di sé perché al suo funerale nessuno avrebbe saputo cosa dire di lei. Oggi il suo messaggio è ancora forte, chiaro ed attuale. Per questo l’Unesco l’ha ufficialmente accolta tra le personalità da celebrare nel biennio 2022-2023, per il suo valore di donna da promuovere, come intellettuale, ricercatrice di senso, educatrice e scrittrice.
Per conoscerla meglio abbiamo incontrato Mons. Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede all’Unesco fino al 2022, e Padre Francois Marie Lethel, teologo carmelitano, il quale, tra i vari incarichi, è stato collaboratore della Positio per il Dottorato di Teresa nel 1999.
Abbiamo chiesto a entrambi, per cominciare, chi era Teresa di Lisieux.
Follo: Siamo alla fine dell’800, nel piccolo convento di un paesino della Normandia. Una zona povera. Teresa realizza tre manoscritti che diventano un libro pubblicato postumo. Otto mesi dopo, quel testo, dal titolo Storia di un’anima, vanta 2000 copie e oggi è tradotto in 60 lingue.
Lethel: questa giovane è vissuta nell’anonimato del convento, al suo funerale c’erano appena 10 persone. E se non avesse scritto, non avrebbe lasciato niente. Fu la sorella, priora, che le chiese di dare ricordi di infanzia.
Che scritti sono?
Lethel: Molto semplici. Sembrano infantili, ma hanno un contenuto evangelico straordinario. Un messaggio fortissimo di fiducia e di amore, espresso con un linguaggio accessibile a tutti.
Follo: Mostrano una via. Teresa la definisce “la piccola via”, perché è semplice, filiale. La possono percorrere anche gli illetterati.
Dove porta questa via?
Lethel: Due parole tornano frequentemente: amore e Gesù. Quando scrive “la mia vocazione è l’amore”, dice una cosa universale. Ogni cuore umano ha questo desiderio. L’amore è la realtà più grande. Lei vive nella semplicità, nelle piccole cose di ogni giorno, un amore immenso, infinito. Questo amore è Gesù che parla attraverso il quotidiano. La grandezza dell’amore nelle cose piccole. Teresa consente di valorizzare tutti gli aspetti della nostra vita e di riscoprire il vero volto di un Dio vicino, che perdona e salva.
In che rapporto sono la fragilità e la santità in Teresa di Lisieux?
Lethel: Teresa insegna ad accettare la propria fragilità non come qualcosa di negativo. Se la vedi in Cristo Gesù diventa il miglior terreno della santità. La fragilità che accoglie la presenza del Signore diventa forza. Lei scrive: “Non mi farò santa, Lui mi farà santa”.
Follo: Occorre togliere un po’ di polvere devozionale da Teresa di Lisieux. Non ridurla alle emozioni. Con la notte della fede che ha vissuto, lei ha creduto al di là di ogni emozione. Ha amato. L’amore è il dono di sè e di lasciarsi amare. La persona non si poggia sulle proprie forze, ma sull’amore misericordioso di Gesù.
Cos’è stata la sua notte della fede?
Lethel: Teresa vive il suo ultimo anno e mezzo con una terribile prova della fede. Lo racconta nel suo libro “La storia di un’anima”, nel terzo manoscritto. Scrive: “Gesù ha permesso che la mia anima venisse invasa dalle più fitte tenebre”. Insieme alla voce della fede sente quella delle tenebre, del nichilismo. Ma questo non la distrugge, non le fa perdere la fede. Al contrario, la vive come la più grande grazia.
Qui sta anche la sua modernità…
Lethel: Questo è uno degli aspetti più importanti della sua modernità. San Pio X diceva che Teresa di Lisieux sarebbe stata la più grande santa dei tempi moderni. Lei vive nell’800, quando l’ateismo si costruisce come sistema filosofico. Pensiamo a Marx.
E a Nietzsche…
Follo: Teresa risponde a Nietzsche che dice “Dio è morto”. Per lei Dio esiste ed è incontrabile da tutti. Non occorre aver compiuto studi di alta filosofia o teologia.
Torniamo dunque alla semplicità….
Follo: Occorre essere persone che domandano. Il santo è la persona normale che ama Cristo e che si lascia amare. Teresa ne è esempio grande ed è attuale perché non ha fatto nulla di eccezionale. La sua è polvere di cronaca trasformata in grani e diamanti di storia. Lei ci insegna che per amare occorre essere amati.
Un’idea di santità accessibile a tutti…
Lethel: Io credo che Teresa abbia rivoluzionato l’idea della santità. Lei racconta ciò che il Signore ha fatto in lei. Ci dice che non ci si salva da soli. Ha una visione comunitaria della santità. E poi non ha avuto nessun fenomeno mistico, lei incontra Dio nella banalità del quotidiano.
Che rapporto c’è tra Teresa di Lisieux e Papa Francesco?
Lethel: Papa Francesco ama molto Teresa di Lisieux. Uno dei suoi libri più belli è l’esaltazione apostolica Gaudete et exultate, sulla chiamata alla santità nel mondo di oggi. Lì lui la cita più volte.
Tornando al riconoscimento dell’Unesco…
Lethel: Teresa di Lisieux parla oltre le frontiere della chiesa. Il riconoscimento dell’Unesco è molto significativo perché lei non è interessante solo per i cristiani. E’ sbagliata chiuderla solo dentro il mondo cristiano. Nei suoi scritti, Teresa non fa mai polemica contro nessuno, e tocca qualcosa di essenziale nel cuore umano.