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Il tesoro del mondo
Una passeggiata nella straordinaria biblioteca personale di Umberto Eco, che diventa un viaggio nel pensiero di questo filosofo e scrittore e una riflessione sulla bellezza del libro e del luogo che conservandolo protegge la memoria del mondo: la biblioteca. Un bel documentario diretto da Davide Ferrario, pieno di spunti per riflettere sul nostro tempo complesso. Umberto Eco – La Biblioteca del Mondo, dal 2 marzo, in Italia, al cinema.
Abbonda di frasi immersive, il bel documentario “Umberto Eco – La biblioteca del mondo” di Davide Ferrario. Le sue parole riassumono il pensiero di Umberto Eco mentre omaggiano quella meravigliosa invenzione chiamata libro: immortale strumento per l’empatia, formidabile per entrare nella testa e nel cuore dell’altro. Snocciola riflessioni corpose, questo film che plasmando l’essenza di uno scrittore di fama internazionale, canta la bellezza del piccolo e infinito oggetto col quale gli esseri umani si conoscono e si capiscono, costruiscono l’accesso al vero, al buono e al bello.
Di Umberto Eco viene restituita la capacità di armonizzare profondità e leggerezza, l’intelligenza appassionata, l’ironia esplicativa. Ma fa di più questo lavoro uscito al cinema (in Italia) il 2 marzo scorso: ragiona sul conoscere in relazione alla nostra stagione debordante riguardo a informazioni ricevute. Questo tempo paradossale nel quale, diceva Eco, «tutto ciò che circola viene registrato, e noi sapendolo non sentiamo più il bisogno di ricordarlo».
Del libro, il film ci parla attraverso il luogo che lo conserva e lo contiene: quella biblioteca «simbolo e realtà della memoria collettiva», dice l’autore di Il nome della Rosa, che cita il Dante del canto XXXIII del Paradiso per parlare di quel tesoro fatto di pagine, vocaboli e storie: il Dante che paragona i libri a Dio, il quale tiene «legato con amore in un volume ciò che per l’universo si squaderna». Ovvero, ciò che nel mondo vediamo diviso, sparso, spiega con la sua immensa poesia Dante, in Dio è raccolto: Dio come biblioteca ideale dell’uomo, dunque, come «biblioteca delle biblioteche», precisa Eco. Che poi aggiunge: «L’insieme delle biblioteche è l’insieme della memoria dell’umanità». Dove la memoria è quel collante che lega i passi dell’uomo. «Senza memoria – sintetizza – non si progetta nessun futuro» e inventa un’immagine per ribadirlo: «Siamo come l’atleta che per fare un balzo avanti deve fare sempre un passo indietro». La parola “memoria” si fa chiave in questo documentario colto ma anche scorrevole e gustoso, come sapeva essere Umberto Eco. Una memoria «vegetale», (del libro), «organica» (del cervello) e «del silicio» (elettronica), distingueva il semiologo, e dell’ultima non conosciamo la durata. Quella memoria che possiede una «doppia virtù», perché «conserva» e «filtra», e in questo presente in cui internet conserva tutto ma non filtra nulla, nasce una «sfida nuova»: non più «riuscire a possedere più enciclopedia possibile, ma sbarazzarsi di quanta più enciclopedia è possibile». Per evitare «la possibilità teorica che sei miliardi di abitanti del pianeta, navigando ciascuno a modo proprio nella rete virtuale, si formino sei miliardi di enciclopedie diverse».
È un’altra riflessione di questo documentario che ha il suo baricentro nella biblioteca personale del pensatore: uno spazio meraviglioso dove sono contenuti 30.000 libri moderni e 1200 antichi. Un luogo «vivo – spiega il figlio Stefano – non un archivio», non «una biblioteca codificata nel senso classico». Perciò il regista inserisce una sequenza poetica della nipote di Eco che attraversa sui pattini quel gioiello oggi donato «dalla famiglia allo Stato italiano, grazie a un accordo che ne prevede lo studio e la valorizzazione presso la biblioteca universitaria di Bologna e la biblioteca nazionale braidense di Milano».
Il magnifico particolare, in “Umberto Eco – La biblioteca del mondo”, diventa universale: rete reale e feconda quando il regista accarezza le parole del protagonista con le immagini di altre biblioteche sparse nel mondo: quella Reale di Torino, la Braidense di Milano, la Stadt Bibliotheck Stuttgart, più altre fino alla Biblioteca Vasconcelos di Città del Messico e alla Bihai Library a Tianjin, in Cina. Angoli di bellezza, punti di luce sparsi sul pianeta, luoghi di incontro e di pace, di un silenzio che facilità la vera conoscenza. Quel silenzio che ci insegna a scegliere e combatte quel «troppo» pericoloso che diventa «rumore e il rumore – aggiunge Eco – non è strumento di conoscenza».
L’ultima, tra le sue tante citazioni, a proposito del silenzio fertile, è quella dal Primo libro dei Re, quando Elia, nella caverna del monte Oreb è circondato da un “vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce”. «Non si può trovare Dio nel rumore – dice Umberto Eco – Dio si palesa solo nel silenzio». Aggiunge che «Dio è dove non c’è agitazione». Ecco ancora materiale per riflettere, per entrare in un rapporto critico col nostro tempo e con il nostro modo di comunicare. Ecco un altro spunto di questo omaggio al libro, alle biblioteche e a quel mestiere di romanziere che si fa, spiegava ancora Eco, con «la sega, la pialla e il martello»: strumenti «per creare mondi».