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“Siamo figli delle stelle” | Intervista con Stefano Giovanardi
“Si sta tutti con il naso all’insù”, così si dice della notte tra il 10 e l’11 Agosto, la “notte delle stelle”: stiamo tutti a guardarle, inconsapevoli e affascinati da un messaggio, ancora tutto da scoprire. Parola di Stefano Giovanardi.
La notte tra il 10 e l’11 Agosto è la “notte di San Lorenzo”, durante la quale, secondo un’antica tradizione, le stelle cadenti sono più visibili all’occhio umano e sono tante, tante di più. Ora, che il 10 o l’11 agosto o altra data ancora siano le più giuste per ammirare le stelle a noi importa poco, ma importa che questa sia l’occasione per un dialogo con Stefano Giovanardi, astronomo e direttore scientifico del Planetario e Museo Astronomico di Roma.
Un modo per ricordare facilmente che proprio di stelle noi siamo fatti. Lo sa bene Stefano, dopo anni di studio partiti da un semplice libro regalato da uno zio, che ha scatenato in lui questa passione, e l’ha portato, esattamente 30 anni fa, nell’agosto 1994, a scoprire un nuovo asteroide insieme a Maura Tombelli, forse la più grande astrofila italiana, e Andrea Boattini, un altro astronomo: «Una grandissima emozione che il cielo mi ha regalato: era un pianetino di quelli cosiddetti “near earth” che sfrecciano vicino al nostro pianeta e magari di tanto in tanto lo colpiscono pure; abbiamo capito che potevamo forse avere tra le mani qualcosa di interessante, di grosso e abbiamo continuato a seguire questo puntino per tutta la notte. Ma solo il giorno dopo, avendo trasmesso i dati al Minor Planet Center, abbiamo avuto la conferma che si trattava di un nuovo asteroide che oggi è dedicato a Luciano Tesi».
Esistono dei modi di dire, come “sei un uomo tra le nuvole”, o “hai la testa tra le nuvole”, che indicano un modo di vivere un po’ staccato dalla realtà. Ma è davvero così o c’è altro?
«Studiare le stelle può sembrare un’attività che porta a evadere dalla realtà, dalla quotidianità, e a occuparsi soltanto di cose lontanissime che non hanno niente a che fare con la nostra vita di tutti i giorni sulla terra. Ma c’è un valore sociale dell’astronomia, perché se ci pensate, anche da un punto di vista storico, l’astronomia permea la nostra cultura in tantissime maniere. Ci sono modi di dire, come tu accennavi, che fanno riferimento agli astri quasi come un luogo comune e se è un luogo comune allora vuol dire che è condiviso; al di là di tutto questo anche i contenuti della scienza astronomica, quindi di quello che si studia osservando il cielo e i fenomeni celesti, spesso ci riportano di riflesso sulla terra a riguardare quello che succede qui sul nostro pianeta da una prospettiva diversa e questo secondo me ha un valore incredibile; finché nella nostra quotidianità ci troviamo immersi nelle attività, negli affari e beghe quotidiane, è difficile che possiamo avere una capacità di giudizio oggettivo sui nostri comportamenti, anche sui temi di giustizia sociale, di politica, di etica.
Voglio fare un esempio su tutti perché siamo nel pieno di una crisi climatica potenzialmente devastante contro la quale non abbiamo messo ancora in campo le nostre migliori risorse; se guardiamo il nostro comportamento sulla Terra, il nostro impatto ambientale dallo spazio è visibile, basta chiedere agli astronauti sulla stazione spaziale come vedono bene per esempio la mano dell’uomo sulla natura attraverso i fumi degli incendi in Amazzonia, in Canada, in Australia e di tante altre devastazioni ambientali che non sono soltanto fenomeni meteorologici o fenomeni che purtroppo accadono, perché accadono in questi anni con una frequenza e un’intensità sempre maggiori a causa proprio dell’impatto umano sull’ambiente. Quindi, guardare le cose da lontano, avere la testa tra le stelle, serve per trovare una diversa messa a fuoco della realtà. La crisi climatica ci riguarda tutti, e nel momento in cui questa emergenza è condivisa e percepita può diventare anche un enorme elemento di aggregazione sociale per affrontarla, noi adesso stiamo fallendo completamente il nostro percorso di umanità per la sopravvivenza perché agiamo in maniera estremamente divisa».
Franco Malerba, il primo astronauta italiano ad andare in orbita, racconta che vedere le cose dallo spazio ti fa capire quanto sulla terra siamo più legati di quanto noi stessi pensiamo. Secondo te è vero? Le stelle aiutano a capire il legame tra le persone, tra gli esseri umani?
«Guardare la Terra dallo spazio è sicuramente una di quelle esperienze che possono cambiare radicalmente le emotività, le percezioni e forse anche la vita di una persona. Tutti gli astronauti che sono ritornati dalle loro missioni spaziali, hanno fatto dei racconti di questa loro esperienza di visione della terra dall’alto: penso a Yuri Gagarin, il primo che in assoluto ha avuto questo incredibile dono di poter vedere la terra da lassù e la prima cosa che ha detto è non si vedono i confini, per esempio, quindi se parliamo proprio di riconcepire le relazioni umane, ecco questa osservazione è fortissima! Della terra si vede tutto ma non i confini, che sono un artificio umano, uno dei più strani se ci pensate, perché sembra che non possiamo vivere senza avere qualcosa che ci circonda, un recinto intorno che dice “questo è mio, questo è tuo, qui ci sto io, qui ci stai tu” e magari ci facciamo pure le guerre per quei confini, per difenderli, per non permettere a nessuno di scavalcarli. Se ci pensate, sono una cosa che non esiste e noi facciamo guerre per cose che non esistono».
È importante dire grazie alle stelle? Come consiglieresti di vivere questi giorni… alla ricerca delle stelle?
«È importante sì dire grazie alle stelle ed è un ringraziamento che potrebbe essere fatto su tanti versanti diversi: perché ci regalano ogni sera una possibilità di stupirci di fronte a qualcosa che vediamo in cielo, che incanta per il semplice fatto che è lì, anche se non sappiamo che cos’è, quella luce bellissima o colorata che si muove; ma a un livello più profondo bisogna dire grazie alle stelle perché in fin dei conti ci permettono di essere qui. Perché elementi chimici che noi ci troviamo letteralmente addosso, nei tessuti del nostro corpo, provengono davvero dalle stelle: il calcio che rende rigide le nostre ossa, ad esempio, è stato creato dalle esplosioni delle Supernovae. Il ferro dell’emoglobina nel sangue è un regalo delle Supernovae; e così il fosforo del nostro DNA viene dalle Supernovae, quindi da stelle che sono esplose e che esplodendo hanno disseminato nello spazio tutti questi elementi chimici creati proprio dalle loro reazioni nucleari, mettendoli generosamente a disposizione di tutto quello che è venuto dopo in quello spazio, compresi noi. Quindi, quando noi guardiamo le stelle e ci incantiamo alla loro luce, stiamo letteralmente salutando i nostri genitori dal punto di vista astronomico. Ed è veramente come se queste stelle ci dicessero “guarda che salvare la terra tocca a te, a te e anche a te, perché te lo dico io che sono il tuo babbo, la tua mamma. Noi le stelle le guardiamo fin troppo poco nella nostra quotidianità e invece, per tutto quello che abbiamo detto, sono un riferimento costante a cui attingere, non per evadere, ma per andare oltre alla prospettiva e riflettere diversamente proprio sul nostro modo di stare al mondo. Quindi guardate le stelle, godetevi la loro luce, perché ha veramente tanto da rivelarci».