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Sorriso e poesia, Roberto Benigni

 
14 Giugno 2024   |   Italia, Giornata Mondiale dei Bambini,
 
Benigni - Vatican Media
Benigni – Vatican Media

Racconto dell’incontro tenutosi a Roma, per la Giornata Mondiale dei bambini, tra Papa Francesco, Roberto Benigni e migliaia di bambini riuniti in Piazza San Pietro. Un incanto di parole e sani consigli, per i bambini ma anche per gli adulti. Abbiamo cercato di sintetizzarli in questo articolo.

Nelle parole di Roberto Benigni, del 26 maggio scorso, risplendono i valori della speranza e dell’ottimismo. Dal suo sorriso a volte sottile, spesso spalancato, sostanzialmente costante, fioriscono la capacità di tenere lontana la sfiducia e peggio ancora la rassegnazione. I suoi 24 minuti sul sagrato di San Pietro, con Papa Francesco dietro di lui e migliaia di bambini sulla grande piazza, sono un canto rigenerante di serenità e positività.

Si sente il passaggio di Dio nel cuore del comico; si respira il miracolo del divino, l’esperienza del grande incontro, tanto suonano autentiche le sue parole. C’è, nella passione di Benigni, il frutto di quella relazione incarnato nel desiderio pulsante di donarsi agli altri. Di offrire loro, ai più piccoli in primis, ma non solo, buone notizie. Di alleggerire i loro, i nostri animi, sempre più turbati per quanto accade nel mondo.

Il Premio Oscar per La vita è bella parla di futuro in modo costruttivo, ottimistico oltre i mille problemi. Esorta a pensare che in mezzo alla massa festosa che ha di fronte, possano esserci i Michelangelo di domani, i Galileo, le Montalcini. Un Papa. Elogia la condizione stessa dell’infanzia, che «guarda col cuore» e indica la strada per il regno dei cieli, sinonimo di pienezza e felicità, nonostante tutto, già sulla Terra.

Invita i bambini a sognare e gli spiega come farlo: con gli occhi aperti. Leggendo, osservando, scrivendo, inventando, vivendo la vita appieno, «con tutte le emozioni». Imparando «più parole possibili per la vostra salute». Perchè stiamo male se non abbiamo le parole che sono uno strumento fondamentale, sacro. «Le più sensate che abbia mai ascoltato – ricorda Benigni – le ha dette Gesù».

Sono 24 minuti di carezze dolci, colte, quelle portate sui nostri visi da Benigni. Paterne, incoraggianti. Le fiabe, per esempio, «non servono a ricordare ai bambini che ci sono i draghi, ma che i draghi si possono sconfiggere». Le fiabe possono diventare realtà. Cita Gianni Rodari, due volte. Maestro.

Non mente, l’irresistibile Roberto: non scansa la complessità della vita dal suo toccante monologo. Fatta di dubbi, che però non devono fare paura. Nemmeno le insicurezze. Servono! Come gli errori. Ogni storia è unica. Ogni bambino deve essere se stesso, «eroe della sua vita» e possibilmente «diventare l’adulto che avrebbe voluto accanto quando era bambino». Così come ogni «adulto dovrebbe fare ogni giorno una festa per i bambini».

E’ importante però che il bambino ami ciò che fa, che si diverta e faccia bene ciò che la vita lo chiama a fare. E che chieda aiuto davanti a una difficoltà. «Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro – esprime chiaramente – fate il mondo più bello”.

Una frase piena di futuro, appunto, e di cristianità, perchè tutti siamo chiamati a coltivare quella terra, intesa anche come dono della vita, che ci è stata donata. Il cristiano, ci ricorda Benigni con il suo accorato discorso, ha il dovere – che è anche il piacere – di pensare al Pianeta dopo di lui. E’ un atto d’amore naturale, insito nella nostra identità umana plasmata da Dio.

L’attore di Vergaio si lascia “scappare” quel «noi non ci siamo riusciti» che ricorda quanto lavoro ci sia ancora da fare, quanto indietro siamo rimasti, per rendere più unito il mondo, più in pace e più libero. Spiega con l’impasto di semplicità ed efficacia che lo rende eccezionale, come ogni vita possa portare il «proprio contributo verso il bene o verso il male». A noi la scelta, il dovere di guardare prima noi stessi che gli altri. Ai quali bisogna cercare di dare la «felicità», insiste. Attraverso la nostra ricerca del «bene».

Il folletto di Vergaio sprona i bambini, e ovviamente tutti noi, a essere «sensibili» e «profondamente buoni» come ha detto Gesù. Ad amare, dove «amore è compassione infinita per il dolore che attraversa l’umanità». «Non aspettate – prosegue – che il mondo si prenda cura di voi, prendetevi voi cura del mondo».

Poi il pensiero va a chi (spesso) comanda il mondo oggi: «Gente che non sa cosa è l’amore, che commette il più stupido dei peccati. La guerra». Una parola «brutta», che «sporca tutto». L’impegno, dunque, il dovere di ciascuno, è di cercare di «porre fine alla guerra», a quella guerra che significa «la fine del gioco».

Poi una domanda fanciullesca, per questo gigante e giusta. Necessaria e dolorosamente poetica: «Perchè non si fermano al primo bambino che si fa male?». Da poesia a poesia: quella nel verso amaro e potente di Eve Merriam: «Sogno di dare alla luce un bambino che mi chiederà: mamma che cosa era la guerra?».

Poi torna la luce: «Tra di voi – cerca di rassicurare l’attore – c’è chi troverà la «parola giusta per fermare la guerra». Noi dobbiamo aiutarvi a cercarla». Dobbiamo farlo con le storie che vi facciano ridere.

La chiusura dell’intervento di un uomo che ha

conservato l’incanto, la meraviglia e la capacità di gioco dell’infanzia, è di nuovo condita di delicata e struggente poesia: «Non c’è niente di più bello della risata di un bambino, e il giorno in cui tutti i bambini del mondo rideranno sarà, il più bello della storia del mondo».


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