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Tutto chiede salvezza, tutto chiede gentilezza
Cos’è la cura per Daniele Mencarelli? Lo scrittore, “Premio Strega Giovani” 2020, ci racconta l’importanza della gentilezza e della cura nei rapporti, in un mondo e in un tempo dove l’altro «è sempre una possibilità per me».
Daniele Mencarelli è un fiume in piena. Che sia con i figli, con i suoi lettori alla fine di una presentazione di libri, al supermercato o sulla tastiera del suo pc, Daniele è sempre uguale a sé stesso: semplice, normale, uno con i piedi per terra, uno che, proprio per aver sofferto molto, cerca vita in ogni angolo di casa, in ogni sguardo e battito di ciglia che si presentano alla sua attenzione.
Daniele è nato a Roma nel 1974: è giovane ma è già conosciuto soprattutto in Italia come uno scrittore tra i più prolifici e interessanti del panorama letterario. Esordisce come poeta, e poeta rimane, e continua come scrittore di romanzi: il suo “La casa degli sguardi” (Mondadori, 2018) è il racconto di una resurrezione che attraversa un dolore acuto e senza scampo; ha affascinato migliaia di giovani, oltre che alle giurie di alcuni importanti premi letterari italiani[1].
Durante il lockdown ha incontrato via web centinaia di ragazzi, a partire dai suoi libri, scrivo “libri” al plurale perché nel frattempo è arrivato il secondo volume, “Tutto chiede salvezza” (Mondadori 2020) che nel 2020 ha vinto la sezione giovanile del più prestigioso premio letterario italiano: il Premio Strega[2].
Io lo trovo intento a scrivere il suo terzo romanzo che vedrà la luce probabilmente alla fine del 2021. «Sto scrivendo, ma questo terzo romanzo è qualcosa di diverso: prima mantenevo la concentrazione, ma con le varie attività, i figli, la famiglia, c’erano anche occasioni di distrazione e di “vita” che davano alla scrittura un altro punto di vista. Ora, con il lockdown, l’unica distrazione che mi è rimasta è quella del supermercato e sento di venire in un certo senso “divorato” nuovamente da questa storia che è poi la mia, romanzata ma è la mia».
Parleremo di “cura” e gentilezza con Daniele, partendo proprio dai suoi libri.
Sei al terzo romanzo di quella che tu chiami “trilogia letteraria” a ritroso della tua vita, in che senso?
«Perché il primo romanzo, “La casa degli sguardi” è ambientato nel 1999, il secondo “Tutto chiede salvezza” è ambientato nel 1994, il terzo che deve vedere ancora la luce sarà ambientato nel 1991, quando avevo 17 anni e ho deciso di fare un viaggio a piedi per “tornare a casa” da Misano Adriatico (città del Nord Italia nda) ai Castelli Romani; oltre 400 chilometri a piedi, solo e senza una lira. Una follia, ma l’ho fatto davvero!»
Perché hai deciso di compiere quel viaggio?
«Ero a Misano Adriatico, quell’estate, per una vacanza con degli amici. Dopo una nottata al Cocoricò, una delle discoteche più famose del luogo, sentivo di non avere più niente a che fare con quella gente e con quegli amici. Decisi di partire, di “tornare a casa” in tanti sensi… in tutti i sensi. Avevo 17 anni, ma le idee erano chiare. Volevo partire da solo. E partìì».
Quel viaggio ti ha fatto fare una delle prime esperienze di “cura” su te stesso che hai vissuto…
«È vero, ho conosciuto tante persone in quelle settimane: chi mi ha ospitato, chi mi ha dato da mangiare, chi voleva portarmi a un treno e pagarmelo: pur senza conoscermi queste persone volevano prendersi cura di me e ho fatto l’esperienza più bella perché sono stati uomini e donne che mi hanno insegnato come gli altri siano molto simili a noi; le persone non sono monolitiche nella loro bontà o nella loro cattiveria, ma abbiamo la possibilità di passare da una modalità all’altra grazie al rapporto che si instaura con il prossimo. Se ognuno di noi approcciasse l’altro partendo dalla bontà che l’altro è disposto a offrire, quasi senza accorgersene, daremmo a questo altro la possibilità di tirare fuori il meglio di sé. Certa gente, durante quell’estate, si sorprendeva dell’aiuto che mi offriva, del bene che era capace di generare».
È andato tutto liscio?
«Il punto focale è stato il desiderio di casa, che poi le persone che ho incontrato hanno sostenuto e hanno contribuito a farmi sentire. Ho rischiato anche fisicamente, mi sono ammalato, mi hanno rapinato, un incidente… man mano che mi avvicinavo questa casa sembrava si allontanasse sempre più, ma alla fine ci sono arrivato».
Perché la relazione con l’altro è così fondamentale in tutti i tuoi libri?
«Perché ho voluto offrire la mia esperienza di educazione sentimentale che è passata attraverso le persone che hanno introdotto dentro la mia vita piccole e grandi rivoluzioni, concrete e totali, e di volta in volta la mia vita è stata smontata e ricostruita. Ho voluto offrire i miei incontri agli altri per una forma di gratitudine, per dire “grazie” a queste persone. In fondo lo scrittore non scrive solo per sé ma è un uomo che scrive per qualcun altro, per chi non può farlo, per chi non ha voce. C’è quindi la speranza che i miei incontri diventino incontri anche per qualcun altro. Questa è la massima ricchezza, la forma di “cura” che propongo anche ai ragazzi che mi seguono».
Cura e gentilezza. Abbiamo celebrato la Giornata Mondiale della Gentilezza poche settimane fa….
«È un tema delicato perché la gentilezza che vuole mostrare un tono, un garbo, non ha nessun valore. Don Bosco diceva: “nessuno vada via da qui scontento”, e quando ho sentito questa frase per la prima volta, ho capito che l’idea di far contenta una persona che può aver un motivo di infelicità, l’idea che io possa essere disponibile per lei, è una scommessa enorme, bellissima, vera. Nessuno di noi sa da dove passerà la prova per sé stesso e per gli altri, ma ognuno può dire “grazie a me oggi qualcuno può essere meno infelice”. Per me è il massimo, perché la felicità più grande che un essere umano può provare è donarla. Ma è un’arte che si smette mai di imparare, affinando il carattere, lasciandosi lavorare dalla vita che è fatta soprattutto di relazioni. La gentilezza vera è questa».
Tu come stai imparando?
«Io imparo ripartendo ogni volta dalle piccole cose: le piccole attenzioni, gli ascolti, cosciente che ci possono essere degli sbagli, dei momenti di fatica, ma avendo provato questa mancanza di “cura” su me stesso dico sempre che dobbiamo renderci conto che non sappiamo cosa passa la persona che abbiamo davanti, e a volte quella disattenzione, quella fretta, quella parola detta male o nel momento sbagliato, possono essere devastanti».
In “tutto chiede salvezza” viene in evidenza proprio questo…
«Sì, lì racconto un’esperienza molto forte che ho vissuto durante i mondiali di calcio dell’estate 1994: una settimana in ospedale, in trattamento sanitario obbligatorio dove ero finito per una mia fragilità. Lì ho imparato che restituire un sorriso, riceverlo, cambia l’economia delle giornate. Le mie, ancora oggi, sono scandite da questi gesti che sto imparando a valorizzare sempre più».
Tutto chiede salvezza… tutto chiede gentilezza?
«Beh, un po’ sì; in fondo la gentilezza vera è prendersi cura degli altri partendo dall’incrocio degli sguardi. E delle volontà. Non importa quello che fai, è come lo fai che “cambia” tutta la vita. Esistono luoghi e situazioni minute che danno grandi possibilità all’esistenza, anche la fila al supermercato rivela chi sei a seconda di come ti comporti con chi ti sta vicino; se metti fiuto in questo arrivano le sorprese, attese e inedite. La nostra battaglia quotidiana si gioca tutta lì, l’importante è non farsi trovare impreparati da queste piccole opportunità che fanno grande una vita intera».
[1] Premio Volponi, Premio Severino Cesari opera prima, Premio John Fante opera prima.
[2] Il Premio Strega è il più prestigioso premio letterario italiano,assegnato annualmente all’autore o autrice di un libro pubblicato in Italia, tra il 1º marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in corso. Il premio ha una fama consolidata anche nel resto del mondo. Il Premio Strega “giovani” è assegnato da una giuria di oltre cinquecento ragazzi da scuole secondarie superiori distribuite in Italia e all’estero, con l’obiettivo di diffondere la narrativa italiana contemporanea presso il pubblico dei giovani adulti.