Workshop
Camerun: condividere con gli sfollati
Di Nkemajen Regina Mangoh
Secondo i dati dell’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), il Camerun è il secondo paese dell’Africa centrale per numero di sfollati interni dopo la Repubblica Democratica del Congo. Alla fine del 2022, gli sfollati interni a causa dei conflitti e delle violenze erano 987.000. Circa il 60% degli sfollamenti forzati è avvenuto nelle regioni nord-occidentale e sud-occidentale, dove, alla fine del 2016, le proteste scaturite dal dissenso della minoranza anglofona del paese sono degenerate in scontri tra l’esercito camerunese e gruppi armati non statali. Quella del Camerun è spesso definita una delle crisi più trascurate al mondo.
La maggior parte di queste persone ha perso la propria fonte di reddito e la propria casa e ha cercato rifugio in altre parti del paese. Famiglie di più di dieci persone vivono stipate in bilocali e conducono un’esistenza precaria, senza una fonte di reddito fissa per sostenersi. Alcuni non riescono a provvedere ai propri bisogni essenziali: nutrimento, cure sanitarie e condizioni igieniche di base.
Dopo la Settimana Mondo Unito, i giovani del Movimento dei Focolari di Buea (Camerun sud-occidentale) hanno deciso di organizzare una raccolta di beni e di fondi per aiutare gli sfollati interni stabilitisi a Buea e i poveri della loro comunità. Hanno poi distribuito i beni raccolti ad alcune famiglie che erano state loro segnalate.
La prima persona a cui hanno fatto visita è un uomo che ha perso un braccio durante la fuga. Convivere con questa disabilità è per lui una grande sfida, perché le sue abitudini sono cambiate drasticamente. “Gli abbiamo fatto coraggio, abbiamo intonato dei bei canti, abbiamo pregato per lui e gli abbiamo dato una busta di cibo. Ci ha detto che la nostra visita gli ha donato speranza, gioia e fiducia. Ha sentito l’amore di Dio attraverso di noi”, dice Regina, giovane attivista presente alla visita. Poi, sono andati a trovare un padre di famiglia malato da tempo. Racconta Benabel: “Non riesce a muoversi se non con l’aiuto di qualcuno. Appena arrivati, ci siamo presentati e gli abbiamo spiegato il motivo della nostra visita. Abbiamo pregato per la sua guarigione, abbiamo cantato e abbiamo dato anche a lui una busta di cibo. La sua gioia e la sua gratitudine erano incontenibili! Ci ha incoraggiato a non smettere mai di amare, perché ‘niente è troppo piccolo per essere donato o condiviso con chi è nel bisogno.’ Poi ha chiesto a Dio di continuare a benedirci”.
Carine, un’altra delle partecipanti, continua: “La visita seguente è stata una lezione per tutti noi”. Siamo andati a trovare un padre anziano costretto a letto da tanti anni. Ci ha accompagnati la figlia, che si prende cura di lui. L’aria nella stanza era pesante e viziata ed è stato difficile entrare. Ma l’amore supera tutto! Abbiamo cantato per lui e abbiamo concluso la visita con una preghiera. Alla fine il viso gli si è illuminato in un bellissimo sorriso! Ci ha ringraziati e ci ha detto che parlerà di noi a Dio quando morirà”.
Ultima fermata, il centro di emodialisi dell’ospedale regionale di Buea. Lì, dopo aver pregato e fatto coraggio ai pazienti, i giovani hanno donato una somma di denaro alle persone in dialisi.
“Le loro storie sono piene di sofferenza, ma i loro sorrisi sono un segno della speranza che rinasce. Quest’esperienza mi ha incoraggiata e mi ha insegnato tanto. Mi sono resa conto che non occorre avere molto per aiutare gli altri, e che quel poco che posso offrire può cambiare la vita di qualcuno. È stato bellissimo e non vedo l’ora di partecipare ad altre attività come questa!”, dice Nadia, un’altra delle attiviste.
Aggiunge Marita: “Dopo quest’esperienza, sono davvero convinta che nessun dono sia troppo piccolo se fatto con amore… Non c’è bisogno d’altro: è l’amore che muove il mondo. Sperimentiamolo!”