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Dall’inferno della strada alla casa di Avodah
Sono dieci le residenze che Keenan Fitzpatrick (31 anni) ha aperto in canoniche o edifici abbandonati per offrire un futuro a donne e bambini vulnerabili che conoscono solo la brutalità della violenza.
(da New York) “Conducimi Dio in posti dove nessuno andrà”. Questa è la preghiera che, ogni mattina, Keenan Fitzpatrick recita, prima di cominciare il suo servizio: la cura di chi è sopravvissuto alla tratta di essere umani e alla piaga della prostituzione. Le sue parole preferite sono guarigione, salvezza, riscatto. Keenan aveva 7 anni quando è “stato condotto” in un posto, dove né lui, né sua sorella sarebbero mai voluti entrare: l’abuso sessuale da parte di un membro della famiglia. Questo giovane uomo di 31 anni ricorda ancora lo smarrimento, il dramma di quel bimbo, lo sconforto, ma i ricordi di oggi sono ammantati di grande serenità. “Ho trovato piena guarigione nella grazia di Dio e da questo dono completamente gratuito ho capito che avrei dato a Dio il mio cuore, la mia vita, per permettere ad altri di fare questa esperienza di libertà”, mi dice entusiasta.
Keenan è originario di Denver, in Colorado, e a 20 anni ha cominciato a girare in macchina, insieme ad un sacerdote e ad un amico per le vie della prostituzione. “Pregavamo, ascoltavamo musica e pregavamo ancora perché finisse la tratta”, spiega, ma intanto il desiderio di offrire una via di salvezza e di guarigione a queste donne, lo lasciava inquieto. Conosceva tante opere che aiutavano le vittime di traffico sessuale; tuttavia, quando con tutte le forze e i rischi “uscivano da quell’Inferno, non c’era niente oltre quell’Inferno e non poche tornavano indietro”. Keenan mi parla e nelle sue parole si scorgono i volti e le storie di queste donne. Negli Stati Uniti, circa il 75% delle ragazze vittime di tratta esce dal sistema di affidamento per ritornare sulla strada. Le ricadute sono una costante e il numero di letti che dovrebbe ospitarle, dopo la fuga, è di appena 1.800 unità: briciole per gli immensi Stati Uniti.
Le case di Avodah (dall’ebraico servizio) sono nate nel 2020 proprio per rispondere al dramma di queste donne e dei loro bambini: tutti sopravvissuti all’Inferno. Keenan ha setacciato conventi e canoniche abbandonate, in varie diocesi degli Stati Uniti, ed insieme ad associazioni partner è riuscito ad aprire 10 case in cinque diocesi. L’altro ostacolo era trovare personale di qualità che avesse la forza e la preparazione “per portare la pesantissima croce della sofferenza e quella altrettanto pesante della guarigione”. La risposta è arrivata dalla Louisiana, dove un gruppo di suore prestava un livello di cura eccezionale per queste donne. Alle loro congregazioni, Keenan, ha chiesto un aiuto e oggi in 23, arrivate da Filippine, Nigeria e altri paesi in cima ai report sulla tratta, ricevono un training dall’FBI, dall’accademia forense, da specialisti dei traumi, da esperti delle Nazioni Unite per accompagnare le vittime. Le ospiti di Avodah sono tutte americane e quando arrivano nella comunità sono segnalate da altre agenzie. I programmi di guarigione, dalla durata biennale, offrono corsi di arteterapia, musicoterapia, ma anche consulenza contro i traumi e orientamento al lavoro. Sono donatori molto generosi a sostenere l’esperienza di rinascita delle vittime e dei loro figli. Nessun fondo arriva dal governo, proprio perché i Fitzpatrick vogliono essere indipendenti da finanziamenti che non darebbero spazio anche alla dimensione spirituale della persona.
Già i Fitzpatrick! A fianco di Keenan c’è la moglie Brianna e i loro quattro bambini, in prima linea nel riscatto delle sopravvissute alla strada. “Abbiamo sempre saputo di essere chiamati per una missione – mi dice -. Abbiamo educato i nostri figli a vivere una vita di fede, per arrivare ad una vita di carità e di servizio”; ma non nasconde l’impegno consistente richiesto da questo percorso di cura. “Le donne sono davvero distrutte e vulnerabili e gli uomini che stanno dietro sono davvero malvagi – sottolinea Keenan aggiungendo che, da questa malvagità, “la nostra famiglia è protetta dalla preghiera, da una vita di Vangelo forte, anche se io sono nato in una famiglia senza una particolare confessione religiosa”.
I numeri della tratta nel mondo parlano di quasi 50 milioni di persone coinvolte, in un’industria che produce oltre 150 miliardi di dollari all’anno. Chi pensa che la tratta è frutto esclusivo di rapimenti e di costrizione alla prostituzione, deve ricredersi. “E’ il telefono lo strumento che alimenta questo circuito criminale”, spiega Keenan, aggiungendo che proprio “al telefono i predatori adescano giovani ragazze e ragazzi e gli offrono benefici su Facebook o Instagram per convincerli”. Un altro nodo è quello del traffico informatico, dove un utente può chiedere di prelevare una bambina in un’altra parte del mondo, pagare per le violenze e dopo farsi inviare un video, che pagherà e diventerà uno dei tanti video pornografici in rete. Dopo Cina, Russia e Stati Uniti, l’Italia è il quarto consumatore di questa forma di tratta, a prova che non è la popolazione, ma la domanda del prodotto a guidare il mercato. Keenan enuncia i dati con tristezza, ma è convinto che “cambiare i cuori degli uomini, educare all’accesso etico alla tecnologia e la fede” sono le linee d’azione su cui puntare. Spesso gli chiedono se la tratta finirà mai. Keenan è consapevole che non è solo una lotta contro organizzazioni criminali, ma una “battaglia per le anime” e questa sua opera non è “niente di meno che: la speranza che possiamo farla finita sul serio”.