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È nato il PAS, Polo di Accoglienza e Solidarietà
Ad Ascoli Piceno, nel cuore dell’Italia ferita dal Covid, ha continuato le sue attività il PAS, nato da un’esperienza di “rete” ormai attiva da alcuni anni, ma che ha trovato una casa pochi mesi fa…
“Fare rete”, è uno slogan che si sente ripetere spesso ultimamente: in ambito sociale, politico, economico, è quasi un “must” oggi avere la capacità non solo di fare bene, ma di fare bene insieme. D’altronde, un vecchio adagio dice che “l’unione fa la forza”, ed è una realtà questa, visibile in tante associazioni ed enti che nei quartieri delle città, cercano prima di tutto di “mettere insieme le persone”, favorendo lo scambio di informazioni ed esperienze che porta ad una maggiore efficacia dell’azione che si sta portando avanti.
Lo sanno bene ad Ascoli Piceno, dove nel Novembre 2019 è stata inaugurata la struttura del PAS, il Polo Accoglienza e Solidarietà, per sostenere il disagio economico e sociale cittadino, a partire da un unico luogo fisico, una grande casa da cui partono servizi e iniziative. Cosa significa tutto questo? E cosa c’entra con la questione della rete?
“C’entra perché”- spiega il presidente del PAS, Giuseppe Felicetti – “Quello del Pas non è un traguardo, ma una tappa del percorso iniziato cinque anni fa, che ha portato alla condivisione di esperienze e alla creazione, appunto, di una rete”.
Non è facile oggi definire chi sia un povero e soprattutto aiutarlo; è una problema complesso che richiede l’adozione di modelli d’intervento integrati e quindi il superamento della settorializzazione e frammentarietà degli interventi.
Consapevoli e convinti di questo, nella primavera del 2015, rappresentanti di alcune associazioni hanno iniziato a vedersi periodicamente, a conoscersi, a scambiarsi le esperienze, a condividere le problematiche; è nata la stima e la fiducia reciproca che sono il vero collante della rete a favore dei poveri, stesa sul territorio. All’inizio erano in poche, poi le associazioni sono aumentate fino a diventare 17 soci promotori.
Ecco la rete: eterogenea certamente, ma molto coesa, composta da organizzazioni territoriali o espressioni locali di realtà nazionali, ecclesiali, laiche, grandi o piccole, tutte impegnate in modo diretto o indiretto in attività di sostegno al disagio sociale, cioè di chi è più ai margini per povertà o altre difficoltà e ha bisogno di cura, di sentirsi accolto, amato e parte di una comunità, di essere importante per qualcuno.
Il PAS oggi è tutto questo, con una nuova mensa (sala da pranzo, cucina, magazzino e servizi), un centro diurno per accogliere chi ha bisogno durante il giorno, provvisto di docce, lavasciuga e altri piccoli elettrodomestici, il front-office del Centro Accoglienza Vita e Depositi, un centro d’ascolto polivalente e un polo sanitario.
500 metri quadrati disposti su due livelli, in una delle strutture più belle al centro della città, messa a disposizione dalla diocesi locale. Nel PAS ognuno si propone a seconda del proprio carisma e mette a disposizione degli altri il proprio know how e le ricche esperienze acquisite nel corso degli anni, anche e soprattutto adesso, in questo periodo carico di quelle difficoltà che caratterizzano una epocale emergenza sanitaria che non risparmia nessuno.
Durante la fase più critica infatti, 40 volontari hanno continuato a lavorare insieme distribuendo 2000 pacchi spesa e oltre 4000 pasti.
“Il PAS oggi è un luogo di ascolto che da una parte fornisce servizi, ma dall’altra promuove una cultura della solidarietà, della fraternità, del volontariato e della cittadinanza attiva” – continua Felicetti . “Ma non è un luogo per i poveri, è un luogo per tutti, per i giovani, gli anziani e le famiglie, un crocevia tra terzo settore, settore pubblico, con la collaborazione stretta con i servizi sociali, e il settore privato. E la cosa più importante è proprio questa: la rete sul tessuto sociale della città”.
Anche in questo periodo di emergenza Covid, sotto le mascherine, i volontari continuano a lavorare; Emilio Bianchini è presidente dell’Associazione Betania, che nel PAS gestisce il centro diurno: “Abbiamo aderito al Pas”– spiega “perché abbiamo creduto che fosse l’unica e vera possibilità di offrire aiuti sinergici alle persone più fragili e disagiate della città”.
Elisa Floridi, di Croce Rossa Italiana: “Il PAS promuove un cambiamento sociale epocale, perché lavoriamo in rete, le associazioni non sono arroccate nei loro ambienti, ma come vasi comunicanti mettono in comunione forze e risorse. Tutto questo veicola un cambio di mentalità, trasformando, grazie alla forza della relazione, l’elemosina in accoglienza. Per tutto questo abbiamo voluto progettare per un ambulatorio solidale, dove il welfare di comunità non si sostituisce ai servizi della sanità pubblica o privata, ma si pone accanto a chi è più fragile per farlo sentire come fosse a casa”.