United World Project

Workshop

Greening Africa Together Network

 
16 Marzo 2018   |   , ,
 

Rimboschimento, energie rinnovabili, gestione dei rifiuti, educazione ambientale. Quattro parole d’ordine per un progetto che mette in rete le migliori forze per il Continente Africano, e non solo, nella prospettiva della fraternità universale.

Mal d’Africa, solitamente si chiama così quella sensazione di struggente nostalgia che rapisce chi visita questo Continente ricco di bellezza, capace di stupire, adatto a generare voglia di ritorno e senso di rinascita. Un Continente che allo stesso tempo nasconde un volto buio, doloroso, saccheggiato com’è dall’avidità dei potenti che non guardano in faccia a niente e a nessuno, nemmeno alla dignità di un popolo, di fronte a guadagni alti e sicuri. E così, in un tempo che ha coperto soprattutto l’ultima parte del “secolo breve”, i Paesi africani si sono trovati spogliati e privati di tante ricchezze e opportunità, costringendo i loro abitanti a fare le guerre per sopravvivere, a fuggire, o semplicemente a lasciarsi morire. Conseguente al furto di beni e dignità sono la povertà, anche morale, un degrado ambientale e sociale che è visibile a occhio nudo in varie aree del Continente.

In un contesto come questo nasce Greening Africa Together, «una rete di organizzazioni non governative, università, istituzioni e comunità, che collaborano nel campo dello sviluppo “verde”» – raccontano Arthur Ngoy e Lilly Seidler. Lui è medico ginecologo nella Repubblica Democratica del Congo, lei è un’insegnante tedesca, che ha lavorato per anni in Senegal, dove ha fondato insieme a un gruppo di studenti la International Forest Onlus. I due hanno appena finito di portare la loro esperienza a un convegno organizzato dal Movimento Umanità Nuova in quel di Pomezia, vicino a Roma.

Raccontano di come si possano potenziare le risorse e incoraggiare il cambiamento, combattendo prima di tutto gli effetti dei mutamenti climatici. Questi ultimi, infatti, sono devastanti dal punto di vista non solo ambientale ma anche economico e sociale; nuove prospettive possono dunque avere il motore nello sviluppo “verde” del Continente.

«Noi parliamo spesso di fraternità, di unità, ma questa deve trovare un modo per calarsi nel concreto della vita della gente, altrimenti si corre il rischio che tutto rimanga soltanto un sogno, bellissimo, ma solo un sogno» – racconta Lilly.

Ecco un esempio. Siamo nel Benin, un fazzoletto di terra nell’Africa dell’Ovest: quasi 113.000 Km quadrati per 8 milioni di abitanti, il 90% dei quali soffre di povertà energetica. Costruire un mondo più unito da queste parti significa accorgersi che molti centri sanitari non dispongono di attrezzature tra le più elementari, come l’illuminazione, o una refrigerazione sufficiente per i trattamenti primari da fornire alla popolazione. Un gruppo internazionale di studenti di alcuni Paesi africani, grazie a Greening Africa Together, lavorano con l’obiettivo di installare un impianto fotovoltaico nella regione, in modo da sfruttare le abbondanti ore di sole e assicurare energia sufficiente a offrire l’assistenza sanitaria primaria soprattutto nei villaggi rurali più isolati. Anche piccoli investimenti, in questo caso, possono avere un enorme impatto sulla qualità dell’assistenza sanitaria.

Andiamo nella Repubblica Democratica del Congo, dove è crudele vedere nascere e morire un bambino in poco tempo per mancanza di condizioni igienico sanitarie adatte alla sopravvivenza. Spesso qui la nascita si trasforma in una morte… che sarebbe evitabile: muoiono di parto 15.000 donne all’anno, una ogni 30 minuti, mentre il Paese è al terzo posto dopo India e Nigeria per la mortalità dei bambini sotto i 5 anni.

Nel centro medico “Moyi Mwa Ntong” a Kinshasa ci sono blackout elettrici che durano ore e talvolta intere giornate. In un centro dove ci sono in media 5 nascite al giorno, la mancanza di corrente può avere effetti devastanti. Con Greening Africa Together si può pensare ora a una fonte secondaria di corrente che impedisca i blackout di energia nel Maternity Center, installando un sistema di elettrificazione solare fotovoltaica.

Questi sono solo due esempi di progetti che aiutano lo sviluppo sociale e verde in questi Paesi, insieme ai progetti di rimboschimento e mantenimento delle aree verdi, di educazione alla gestione dei rifiuti ecc.

«Accorgendoci che da soli siamo deboli e poco efficaci» – raccontano ancora Lilly e Arthur -«abbiamo capito che solo la forza dell’insieme avrebbe potuto cambiare le cose. C’è un detto in Africa che dice che se vuoi andare veloce devi andare solo, ma se vuoi raggiungere l’obiettivo devi andare insieme agli altri. È quello che stiamo facendo».

Portando il progetto all’attenzione di diversi partner, tra cui, altre NGO, università, associazioni, dove già sono presenti persone sensibili al progetto del mondo unito, è stata così costituita una “rete” di studenti e professionisti di Paesi, età, religioni diverse, che mediante un approccio guidato dall’idea di fraternità universale, stabiliscono una cooperazione attiva tra studenti e comunità locali di diverse culture e nazioni.

La cooperazione si concretizza con gruppi di lavoro, che individuano le esigenze della popolazione locale nel quadro di progetti nel campo delle energie rinnovabili e dello sviluppo verde. In questo modo gli studenti universitari hanno la possibilità di applicare le loro conoscenze e acquisire competenze e abilità essenziali attraverso un contatto diretto con la comunità di riferimento. Processi lenti ma inesorabili, che hanno nella forza della comunità la carta vincente di un reale contributo al mondo unito.


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