Workshop
Per una maggiore fratellanza tra i popoli
Di Virginia Osorio e Janeth Cardenas
Raccogliamo e pubblichiamo la proposta-appello di Milonga, piattaforma di volontariato internazionale, per questo tempo in cui siamo ancora immersi nella pandemia.
Senza dubbio, gli effetti e le conseguenze della pandemia a livello mondiale sono molti; ci sono riflessioni, webinar, note sul web e, soprattutto, notizie che ci mostrano come, quando tutto questo passerà, la vita non sarà più la stessa per nessuno. Ci sembra che questo problema mondiale, questo male comune, abbia reso evidente ancor di più le differenze tra paesi “poveri” e i paesi “ricchi”, ma che abbia anche risvegliato la consapevolezza dell’interdipendenza tra i nostri popoli: indipendentemente dal potere della nostra ricchezza, ci sentiamo tutti più vulnerabili.
In questo contesto, abbiamo potuto constatare come la solidarietà internazionale sia venuta sempre più in evidenza e sia quanto mai necessaria. Tuttavia, dal modo in cui alcuni governi hanno affrontato l’emergenza, vediamo che, almeno per il momento, questa solidarietà non è una priorità per tutti. I messaggi della comunità internazionale, fino ad ora, denotano una scarsa collaborazione, dovuta in parte al fatto che ogni governo affronta le crisi come può.
Siamo d’accordo con quanto sostiene lo storico Yuval Noah Harari, professore alla Hebrew University di Gerusalemme: “In questo momento di crisi, dobbiamo fare due scelte particolarmente importanti. La prima è tra la sorveglianza totalitaria e la responsabilizzazione dei cittadini. La seconda è tra l’isolamento nazionalista e la solidarietà globale”.
Ci sembra che questo dilemma che vivono i governi, sia quello che ognuno di noi affronta nello “stare a casa”: vivere completamente rinchiuso, sensibile solo ai propri bisogni o a quelli della propria famiglia, o essere aperto agli altri e ai loro bisogni, anche se entro degli oggettivi limiti fisici. Siamo tutti di fronte allo stesso bivio: individualismo o solidarietà?
A milONGa ci troviamo nell’impossibilità fisica di promuovere la solidarietà internazionale che la nostra proposta di volontariato genera.
Le esigenze di aiuto però persistono e sono intensificate dalla crisi; siamo consapevoli che in questo momento abbiamo bisogno di mani, di accompagnamento, di aiuto e di relazioni ancora più strette. Per noi, questa esperienza non è solo cooperazione internazionale, ma è anche uno scambio culturale che ci permette di essere sensibili ad altre situazioni, che a volte nel nostro Paese non sono così visibili.
Per questo motivo, di fronte alla crisi, ci siamo chiesti in quali altri modi avremmo potuto continuare a incoraggiare questo sentimento di fratellanza universale che, in parte, la pandemia ha creato e che è l’obiettivo finale della proposta di milONGa. Per noi, il compito rimane quello di contribuire e crescere nella fraternità tra i popoli, di generare opportunità di solidarietà internazionale, al di là delle barriere alla mobilità che esistono oggi.
In questo tempo, vorremmo che i giovani che hanno fatto un’esperienza di volontariato internazionale con Milonga fossero in grado di fare propri i bisogni e di contribuire alle sfide che le comunità che li hanno accolti devono affrontare in questa situazione.
Insomma, un viaggio di andata e ritorno che accorcia le distanze, che unisce le persone e le comunità, che avvicina i popoli attraverso gesti semplici, come una telefonata, per sapere come si sta, che magari genera anche iniziative di raccolta fondi… Micro esperienze che, se moltiplicate, possono essere la base per azioni di più ampia scala.
Per Giacomo, italiano, essere volontario è una scelta che si rinnova costantemente. Lui, anche a distanza, ha trovato il modo di essere vicino alle comunità con cui ha condiviso il suo volontariato in Kenya. Una telefonata, l’ascolto profondo dei bisogni e lo “stare con” anche a distanza, lo aiutano a rivivere quell’esperienza passata, che però è ancora presente nella sua vita quotidiana. Per questo motivo, spinto dalla scelta personale di mettersi al servizio degli altri, ha anche partecipato a diverse iniziative a sostegno di coloro che più soffrono per l’impatto della crisi.
Dalla Spagna, mettendosi al servizio con la sua professione, Ana Hernando ha proposto ai suoi conoscenti una campagna di raccolta fondi volta ad aiutare la Casa de Niños in Bolivia. Come terapista della riabilitazione professionale, si è offerta anche di pianificare una routine di esercizi adatta alle esigenze personali di coloro che hanno aderito rapidamente alla sua campagna.
In questo processo che abbiamo iniziato, vediamo come la consapevolezza dei volontari di appartenere ad un’unica famiglia è cresciuta in seguito a questa crisi sanitaria e come anche questa possa costituire un’opportunità per far crescere piccoli ponti che riducono le distanze, le lacune sociali, culturali e politiche tra i popoli. Basta non lasciarsi paralizzare dal confinamento e dall’angoscia, e uscire… almeno virtualmente, per incontrare l’altro, di cui ci siamo resi conto che non possiamo fare a meno per essere felici.