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Speciale #BeyondMe, L’esperienza della Scuola Gen di Loppiano
Che cosa è la scuola Gen di Loppiano? Lo raccontano Nicole, italiana, Susanna, della Corea, Maria della Spagna e Maria del Messico durante il Genfest Italia dal titolo “Beyond Me”.
NICOLE (Italia): Ciao a tutti! Sono Nicole, ho 19 anni e sono venuta qui a Loppiano per frequentare una scuola. Di cosa si tratta? Come potete vedere non sono sola su questo palco: sono circondata da altri 36, tra ragazzi e ragazze, provenienti da vari paesi, dalla Slovacchia alla Cina, dalle Filippine al Messico, dall’Australia alla Corea e così via. Siamo di quattro continenti e venti nazionalità.
Tutti noi siamo gen. I gen sono i giovani del Movimento dei Focolari, che credono, costruiscono e sono il mondo unito. Siamo milioni nel mondo, ma alcuni di noi si sono sentiti chiamati ad approfondire ancora di più questo ideale di unità e di fratellanza universale nella Scuola Gen. Così, abbiamo deciso di lasciare il nostro paese, la famiglia, gli amici, gli studi, anche il lavoro, per venire a Loppiano.
I motivi che ci hanno spinto a partecipare a questa scuola per alcuni mesi sono tanti e tutti diversi, quanto lo è una persona dall’altra.
Io, per esempio, ero arrivata ad un momento della mia vita in cui non riuscivo più a trovare delle risposte, un senso alla vita che conducevo. Avevo bisogno di riscoprire quali erano le mie potenzialità, di costruire rapporti veri. Avevo bisogno di eliminare l’indifferenza che c’è nel mondo partendo da me stessa, di ricaricarmi d’amore, di valori. Altri gen avevano bisogno di rafforzare il loro rapporto con Dio, altri ancora di sperimentare qualcosa di grande ma semplice, che potesse portare pienezza nella loro vita…
E così, vivendo insieme, sperimentando la legge di Loppiano, cioè vivendo l’amore reciproco, scopriamo la ricchezza che c’è in ognuno di noi, facciamo esperienza quotidiana che è possibile costruire il mondo unito, partendo da noi stessi.
Questo non è sempre facile. Spesso, ci troviamo di fronte a vari ostacoli. Per esempio, mi ricordo un giorno che Maria voleva andarsene, tornare a casa… Non è vero, Maria?
MARIA(Spagna): Io sono Maria e vengo dalla Spagna. Sì… Sono arrivata ad un punto in cui non ce la facevo più.
Mi sentivo chiamata a seguire Dio perché avevo scoperto che se realizzavo il progetto di Dio su di me, potevo essere me stessa ed essere felice. Qui, per i primi mesi è stato così, o almeno io cercavo di convincermi che fosse così. Però, dentro di me c’era come una palla che cresceva e cresceva e, ad un certo punto, mi è come scoppiata in faccia. Le persone che mi stavano accanto, quelle con cui vivevo, mi sembravano false. Sentivo che i loro sorrisi erano solo delle maschere per nascondere un disagio. E, come se questo non bastasse, sentivo che anche le persone con cui già avevo costruito un rapporto di fiducia e di bene, si allontanavano sempre più da me. Mi sentivo sola, una strana in mezzo a tanti. Non potevo fidarmi di nessuno. Ero triste, tuttavia, continuavo a sorridere. Perché volevo essere come tutti. E per questo mi vedevo come una persona falsa. E mi odiavo. Ma non potevo raccontarlo a nessuno perché mi sembrava che a nessuno importasse. Mi ero chiusa talmente che ero qui ma non c’ero. E così, ho deciso di comprare i biglietti per il ritorno, senza dire niente a nessuno.
SUSANNA (Corea): Io sono Susana, e vengo dalla Corea. Sono alla Scuola Gen da 8 mesi e anche io, qualche volta, come Maria ho trovato qualche difficoltà. Come nell’occasione del Capodanno che, per alcuni paesi asiatici, non si festeggia il 31 dicembre, ma è legato al ciclo della luna di quell’anno. E quest’anno si festeggiava nel mese di febbraio… Noi coreani, con i cinesi, i vietnamiti e altri asiatici abbiamo deciso di organizzare una festa per tutti gli abitanti di Loppiano. Peró, ci siamo resi conto che il tempo era poco e dovevamo preparare tante cose. In più, ogni decisione doveva essere condivisa tra i vari popoli, ma non era facile capirci perché avevamo tutti idee diverse. C’era bisogno di ascoltarci profondamente prima di fare ogni cosa. Questo richiedeva tempo e l’impegno di uscire da noi stessi per andare incontro all’altro. Gli altri gen della scuola, spesso ci chiedevano come aiutarci ma anche queste richieste diventavano un peso. Infatti, una caratteristica culturale del nostro popolo è che vuole essere autonomo, non vogliamo chiedere aiuto, perché sentiamo un forte senso di debito e non volevamo che anche gli altri si stancassero.
Così, cercavamo di fare da soli, ma questa nostra risposta creava una distanza nel rapporto con gli altri gen…
MARIA (Messico): Io mi chiamo Maria e vengo dal Messico. Quando sono arrivata a Loppiano avevo molto presente la realtà nel mio paese, colpito da tanto tempo dalla violenza e dal narcotraffico. Durante i primi mesi qui, mi sembrava di vivere in un mondo diverso: potevo uscire tranquillamente, non vedevo situazioni di povertà, emarginazione, ingiustizia, ecc. Ma dopo qualche mese, leggendo le notizie che arrivavano dal mio paese sono andata in crisi perché io ero lontana, e non potevo fare niente, sapevo che i miei amici vivevano tanti problemi e difficoltà e io non potevo essere con loro. Io ero qui, a vivere una realtà che non era la mia, che di solito non esiste fuori di qui, irrealizzabile nel mio paese. Sentivo “nostalgia” di tutto quello che avevo lasciato: amici, società, paese, problemi, insomma del mio passato.
Con il passare del tempo, vivevo la mia vita qui come un sogno irreale, che sentivo non riproducibile nel mio paese, e con la paura di tornare a casa e affrontare tutte le diverse situazioni che avevo lasciato.
Fino a che, un giorno, quando veramente mi sentivo sola e preoccupata mi sono confidata con una gen, anche con un po’ di paura e vergogna perché io non sono abituata a raccontare i mie problemi agli altri, ma avevo capito alcuni giorni prima che, per far crescere dei rapporti veri, c’è bisogno anche di donare quello che forse è più personale di noi. Così, abbiamo parlato e, dopo un bel po’ di tempo, mi sono sentita completamente accolta, perché quella gen prendeva le mie preoccupazioni sulla situazione sociale del Messico, sui miei amici e le faceva sue. Abbiamo pregato insieme e tutte e due ci siamo rese conto che, al di la delle diversità di provenienza avevamo creato un’unità così forte che veramente ci sentivamo parte l’una dell’altra, anche nel condividere preoccupazioni e problemi, e non importavano più le distanze e le realtà.
SUSANNA (Corea): Anche il nostro “limite” culturale è stato superato grazie ad una condivisione. Per fortuna che qualcuno di noi ha deciso di aprirsi agli altri e di spiegare perché non chiedevamo aiuto. E’ stata un’occasione bellissima per comprenderci e per lasciarci aiutare. La festa è stata indimenticabile e abbiamo vissuto un’esperienza di vera famiglia. Ci siamo resi conto che è stato possibile realizzare tutto ciò insieme. Alla fine eravamo molto stanchi ma veramente felici, quasi da poter volare!
MARIA (Spagna): Io, un giorno, dopo un litigio con una persona a cui voglio tanto bene, sono scoppiata in pianto. Ero arrivata al punto più basso, mi sentivo morire dentro. Ho chiesto aiuto ad una fra gli adulti che ci accompagnano in questo percorso. Lei però, oltre ad abbracciarmi e a confortarmi, mi ha parlato chiaro e duro. Mi ha aiutato a capire che io non stavo facendo la mia parte per sistemare quel casino che avevo fatto dentro e fuori di me, anzi, l’avevo solo fatto peggiorare lasciandomi portare dalle mie paure e dai miei pregiudizi, guardando solo me stessa. Il parlare con lei mi ha fatto sentire di nuovo che tutto è possibile quando lo convidi con gli altri, quando condividi la tua vita, non solo la gioia, ma anche i dolori. Questo mi ha dato la forza di andare oltre me stessa, di aprirmi e condividere con le altre gen questo che vi ho raccontato. E lì mi sono resa conto che avevo guardato tutto con gli occhi “neri”. Loro mi hanno fatto capire che siccome io non parlavo mai, loro non si sentivano in grado di potermi aiutare. Capite? Da quel momento, tutto è cambiato. Io sono cambiata, mi sento libera di essere me stessa. E quando c’è qualcosa che non va, cerco di andare al di là dei miei limiti e di parlare, perché alla fine: è la verità che ci fa liberi. Alla fine, non c’è un “noi” senza gli altri.
NICOLE (Italia): L’esperienza che stiamo facendo qui, alla Scuola Gen, è quasi terminata. E questo ci porta a riflettere su quello che abbiamo vissuto in questi mesi insieme. Abbiamo imparato ad andare oltre le nostre paure, i nostri limiti, i nostri pregiudizi per incontrare l’altro, i suoi bisogni, per amarlo. Ci ha aiutato a capire di più chi siamo, e che ognuno di noi è un dono per l’altro. Quello che abbiamo sperimentato qui, più o meno perfettamente, che è possibile costruire un mondo unito, ci dà la forza e l’energia di portarlo anche a casa, nei nostri paesi, in qualunque posto andiamo, nel quotidiano, con ogni persona che incontreremo. E che il mondo unito lo costruisco partendo da me stesso, quando scelgo di andare al di là di me e raccogliere la sfida di fare il primo passo.