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Speciale #Beyondme: Lo squalo Simone
Al Genfest Italia, nell’anfiteatro all’aperto della cittadella internazionale di Loppiano, Riccardo Barlaam, giornalista e scrittore, racconta la storia dello “squalo” Simone che, come Nemo, ha avuto il coraggio di aprire la sua piccola pinna e di imparare a nuotare, fino a diventare un campione mondiale.
Sono il papà di Simone (e di Alice che è seduta in mezzo a voi)… Come vedete dal colore dei capelli ho qualche anno più di voi. Ma faccio anche io parte della famiglia del Genfest. I Genfest ai quali ho partecipato da ragazzo sono rimasti impressi dentro di me. Ricordo quello dello Stadio Flaminio a Roma, nel 1980. E poi quello internazionale, bellissimo, con ragazzi che arrivavano da tutti i continenti al Palaeur, nel 1990. Che cosa mi è rimasto di quelle esperienze? Due cose.
La prima. Per me che arrivavo da un piccolo paese dell’Abruzzo ogni volta era immergersi in un’esperienza di mondialità. Dal locale al globale. Sentirsi uomini mondo, aperti. Il mondo unito sperimentato in quella piccola grande festa. Da allora mi sono sempre sentito cittadino del mondo.
La seconda: al Genfest ho capito che ognuno è protagonista del proprio destino: il mio futuro dipendeva da me. Quello che da allora ho cercato ogni giorno di seguire nella vita per realizzare le mie aspirazioni. Anche quelle più complicate e apparentemente impossibili. E’ la stessa cosa che oggi, con mia moglie Claudia, stiamo cercando di trasmettere ai nostri due figli.
Mi piace pensare che c’è un disegno più grande per ognuno di noi. Il difficile è accendere la luce per poterlo vedere questo disegno, quando la luce non c’è. Come pezzetti di un puzzle le vicende della vita si mischiano, si intrecciano, sembra difficile trovare la loro giusta posizione, ma poi improvvisamente i pezzetti iniziano a incastrarsi.
A gennaio 2000 io e Claudia eravamo in Australia a Sydney in viaggio di nozze e passeggiavamo nel nuovissimo parco Olimpico che di lì a qualche mese avrebbe ospitato le Olimpiadi. Facevamo programmi e mettevamo le basi per costruire la nostra famiglia. Simone era in arrivo e noi eravamo felici e pieni di amore. Ci sentivamo invincibili. Poi Simone è nato e il suo arrivo è stato subito travagliato. Il giorno in cui è nato abbiamo scoperto che aveva una ipoplasia del femore e una coxa vara. Una disabilità permanente aggravata da una frattura del femore. In pratica aveva un femore più corto dell’altro di una 15ina di centimetri. Fragile come un pezzo di vetro.
Nel corso degli anni Simone ha subito dodici interventi chirurgici: allungamenti dell’arto, interventi correttivi all’anca, trapianti ossei per consolidare il collo del femore che non teneva. Dodici operazioni seguite da lunghissimi mesi con il gesso che lo bloccava dal petto in giù. Da qui a qui.
Ogni volta si tornava a terra.
Nei lunghi periodi a letto Simone ha imparato a disegnare, l’unica cosa che riusciva a fare da sdraiato. Amava disegnare i pesci, gli squali soprattutto per la loro forza e la loro velocità, li conosceva tutti. Tant’è che un nostro caro amico Giuseppe Martinico, che ora vive a Napoli e che alcuni di voi conosceranno, lo ha soprannominato lo squalo Simone.
Quand’era con il gesso fino al petto guardavamo spesso il film Nemo, che è ambientato in Australia. Simone come Nemo aveva (e ha) una pinna più corta dell’altra.
Io mi sentivo come Marlin, il padre di Nemo. Ansioso per il suo futuro. E pieno di paure per quello che poteva capitargli. Ma come Marlin ha fatto con Nemo, a un certo punto ho capito che Simone poteva affrontare da solo il suo “Oceano” e arrivare alla baia di Sidney. Senza paura. Anche con la pinna più piccola. Non è stato sempre facile. A un certo punto Simone ha cominciato a fare sport. Il nuoto era l’unico sport che poteva fare per muovere i muscoli senza rischiare di rompere il suo osso di cristallo.
Come Nemo, o come gli squali che amava tanto disegnare, nell’acqua ha trovato il suo ambiente. Dopo un po’ ha cominciato a gareggiare. Qualche anno dopo ha preso ad allenarsi con i ragazzi della nazionale italiana di nuoto a Milano, tutti i giorni, dopo la scuola ad allenarsi per due ore e mezza in acqua… Che diventano cinque ore prima delle gare più importanti. E’ cresciuto tanto. Tanto che a 17 anni, agli ultimi mondiali di nuoto paralimpico che si sono svolti a Città del Messico, nel dicembre scorso, Simone ha vinto due medaglie d’oro, nei 50 stile libero e nei 100 stile libero (la gara che avete visto), un argento e un bronzo.
I 50 e i 100 stile libero sono le gare più veloci nel nuoto. Equivalenti alla finale dei cento metri nell’atletica leggera.
Adesso, esattamente 16 anni dopo il nostro viaggio di nozze Simone è in Australia come exchange student per fare il 4° anno di liceo e continuare i suoi allenamenti ad alti livelli. Per questo non è qui con voi. Continua ad allenarsi, a studiare e gareggia con i più forti nuotatori australiani all’Olimpic Aquatic Centre di Sydney, proprio dove io e Claudia lo avevamo portato quando era ancora in grembo.
Ebbene, se qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei avuto un figlio con due titoli di campione del mondo gli avrei detto che era un pazzo. Neanche nella ricostruzione romanzata più fantasiosa avremmo potuto immaginare un finale del genere.
Simone è un ragazzo solare, aperto, pieno di interessi. La sua disabilità non è un problema, se non negli occhi di chi guarda. Lo sport gli ha insegnato che se ti dai un traguardo, con l’impegno e la volontà, lo puoi raggiungere.
Un mio amico, Enzo Bianchi, un monaco scrittore, qualche settimana fa su Twitter ha scritto questo pensiero che mi ha colpito: “In questi giorni ho incontrato e soprattutto ascoltato molti ragazzi abitati da molte paure. A ciascuno di loro ho cercato di dire: “Tu hai ali molto più forti di quanto credi, abbi il coraggio di aprirle e volare!’”.
Simone ha una pinna più piccola ma è più forte di quanto credevamo tutti. Ha avuto il coraggio di aprirla e di volare.
Io vi auguro, vi invito, ad aprire anche voi le vostre ali. Ad avere coraggio. E a imparare a volare… Seguite le vostre passioni. Lavorate duro per ottenerle. Non vi accontentate.
Come diceva Walt Disney: “Se puoi sognarlo, puoi farlo”.
Il bello che è dentro di te lo devi creare. Lo puoi far nascere.
Grazie