United World Project

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Turismo: perché il mondo ha bisogno di meno turisti e più esploratori!

 
9 Ottobre 2017   |   , ,
 

Argentina – Il Programma di Turismo Sostenibile e Solidale del Nord Ovest Argentino (TSNOA) con il progetto “Conectando Destinos, Uniendo Personas” (“Collegando le destinazioni, unendo le persone”)ha vinto il terzo premio nel concorso “Innovar para Viajar” (innovare per viaggiare), organizzato dal Ministero del Turismo argentino. Grazie al premio, la rete TSNOA potrà creare una piattaforma on-line per far conoscere la proposta turistica dei 60 imprenditori della rete, oltre ad avere la possibilità di partecipare ad un corso di formazione per incubatori d’impresa. Ma quale è il suo valore dal punto di vista del United World Project? Lo scopriamo nel nuovo articolo di Anita Martinez.

La pubblicità di uno dei canali di avventura e natura più conosciuti in Argentina sostiene che “il mondo ha bisogno di meno turisti e più esploratori”.
Oggi, ci si mette in viaggio con la macchina fotografica ultimo modello, pronti a postare in diretta “storie” sul social network preferito, inserendo hashtag diversi, per ottenere più “mi piace” possibile. Si scelgono le mète classiche del turismo, si scattano selfie davanti ai monumenti più famosi e, per non rischiare, a pranzo o a cena, si preferiscono i fast food delle catene mondiali ai rari ristoranti tradizionali, anche questi sempre più “internazionali” e meno tipici.

Per carità, non c’è niente di male nel praticare questo genere di turismo. Viaggiare, però, è un’altra cosa. Esplorare poi… Significa diventare parte del luogo che visitiamo, generare relazioni, contaminare la nostra cultura.

Uno stile di viaggio che sta alla base del Programma di Turismo Sostenibile e Solidale del Nord Ovest Argentino (TSNOA), un progetto di sviluppo locale che mira a migliorare le condizioni economiche e la qualità della vita di comunità in stato di disagio, promuovendo il turismo sostenibile e solidale. L’impresa turistica diventa così un lavoro che permette alla gente locale di incrementare le proprie attività, di diventare consapevoli dei propri talenti e valori, per poterli donare e crescere come persone e come comunità.

Inoltre, questo progetto permette di salvaguardare le identità locali, di rispettare l’ambiente e sviluppare l’ospitalità fraterna. Vale a dire, crea la possibilità, per chi ha bisogno di un lavoro, di sfruttare, responsabilmente, le risorse che il suo territorio gli mette a disposizione e, per coloro che vogliono fare un’esperienza di turismo diversa, di scoprire il mondo dal punto di vista dell’altro, entrando a far parte di una comunità locale. È l’esperienza fatta da Stefano De Sanctis, un viaggiatore italiano, che ha attraversato la zona di Hornaditas, a 124 chilometri da San Salvador de Jujuy, nel Nord Ovest dell’Argentina, che fa parte del programma: «Spesso ho la sensazione che per alcune persone viaggiare sia un po’ come vedere il mondo attraverso una vetrina. Ci portiamo dietro i nostri standard occidentali e le nostre sicurezze, e viviamo superficialmente i posti in cui andiamo, vedendoli “da fuori” come in una vetrina, appunto[…]. Un paese non è fatto solo di monumenti e souvenir ma è fatto di persone. E allora poter essere ospiti di questa gente e condividere con loro la casa, la tavola, la musica è la maniera più autentica di viaggiare. Mi è piaciuta molto questa idea di turismo comunitario e mi ci sono ritrovato. Un turismo così non potrà mai essere un turismo da “consumare”. Richiede apertura, richiede tempo. Bisogna fermarsi, ascoltare quei luoghi, lasciarsi sorprendere e anche sopportare qualche piccolo disagio. Ne vale la pena. “Compartire!” (condividere) ecco il verbo in spagnolo che meglio ho imparato durante il mio viaggio in Argentina».

Un modo di viaggiare che avvicina ai campesinos, persone come Clarita e suo marito Hector che raccontano: «Volevamo conoscere il mondo ma non potevamo permettercelo. E allora abbiamo aperto la porta della nostra casa e il mondo è venuto da noi».

Il progetto TSNOA è nato 7 anni fa sotto la spinta della Conferenza Episcopale argentina, per la promozione dello sviluppo del turismo comunitario. L’intervento della onlus italiana AMU (Azione per un mondo unito), in collaborazione con la rete di Economia di Comunione, ha permesso di migliorare la capacità ricettiva di 5 comunità, attraverso un percorso di formazione, la fornitura di attrezzature e un “Fondo di reciprocità”. Cosa significa? Chi riceve sostegno per avviare un’attività o riprenderla in caso di emergenza o calamità, una volta ritrovata la stabilità, si impegna a sostenere altri imprenditori, lavoratori o famiglie che ne avessero bisogno. Proprio in queste settimane l’Associazione di imprese Turu Yaco ha consegnato il suo primo microcredito, frutto della reciprocità dei suoi associati. Renata Gonzalez, coordinatrice del programma TSNOA, spiega: «Il programma nasce come risultato di una situazione che si stava vivendo in Argentina: c’era il pericolo che gli investimenti stranieri bruciassero sul tempo lo sviluppo locale. Per questo abbiamo proposto di migliorare l’habitat rurale, tramite un programma di sviluppo turistico che ha cominciato a fare progressi».

«Grazie al TSNOA abbiamo la prova, la dimostrazione» aggiunge Francesco Tortorella di AMU «di come si può lavorare per lo sviluppo, proteggendo al tempo stesso la cultura dei popoli nativi, il loro rapporto con l’ambiente. Lavorando per l’uguaglianza di genere e favorendo il protagonismo e il ruolo delle donne e dei giovani».

Lorena Junco, una delle protagoniste del progetto, sostiene che da quelle parti: «È impossibile avere un’altra iniziativa. Perché siamo così lontani dalla città, dalle altre culture, da altre possibilità di vita. Questa è una zona molto turistica e dobbiamo saperla sfruttare al massimo, per il nostro bene». Norma Vega, un’altra abitante del posto, racconta di essere stata discriminata dai suoi stessi vicini, che la chiamavano “negra” e “coya” (parola usata in Argentina per indicare in modo specifico le persone dei popoli andini), “poveraccia”: «Credo che dobbiamo imparare a valorizzare noi stessi, in modo che anche gli altri ci valorizzino. Non aspettare che venga da fuori. Sono io che mi valorizzo e per questo vedo diversamente anche gli altri» sostiene. Non c’è da sorprendersi di tanta consapevolezza perché, come spiega Renata Gonzalez:«Il punto più “sensibile” della catena è il dialogo con la comunità di base, il dialogo con la gente, perché questo programma guarda in primo luogo alla persona. Il punto cruciale è la persona».


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